20. Fai rumore
Ho avuto modo di assistere a distanza ma praticamente da subito alla nascita del Collettivo Moleste. Era il 2020 e durante l’estate si diffusero diverse notizie di molestie nel mondo dei fumetti italiano e internazionale, in aggiunta a molte altre legato al mondo del gaming.
Personalmente iniziai a seguire con interesse il tutto a partire da un articolo di Francesca Torre pubblicato quell’estate, che mi portò a seguirla su Facebook e, di conseguenza, a venire a conoscenza del Collettivo, che pubblicò il suo manifesto a ottobre: fu decisione quasi immediata, per me e Giuseppe, decidere di proporre loro un intervento in Polo Nerd, cosa che avvenne con l’ospitata poco tempo dopo di Sonia Aloi, in un episodio di cui siamo tutt’ora molto fieri.
Da allora il Collettivo ha ovviamente proseguito la sua attività, ponendosi come obiettivo (cito dal volume di cui andrò a parlare) ”l’ascolto di chi ha subito episodi molesti di natura sessista e omotransfobica, la creazione di una rete di sostegno con i Centri Antiviolenza, la sensibilizzazione del pubblico al tema e l’analisi e l’abbattimento degli stereotipi del fumetto legati a genere e identità”.
“Fai Rumore” è un nuovo passo in questa direzione, un volume di racconti brevi a fumetti pubblicato da Il Castoro che hanno lo scopo dichiarato di raccontare episodi di vario genere di violenza (anche e soprattutto quelli che troppo spesso vengono sminuiti come non così gravi, tipo lo slut shaming, ma non mancano gaslighting, catcalling, grassofobia) dal punto di vista di chi li ha subiti.
La scelta di parole con cui ho chiuso il paragrafo precedente è voluto, perché – come ha detto la stessa Francesca Torre durante l’incontro di presentazione al Salone del Libro – la parola vittima può essere problematica; quando si parla di vittima, infatti, si crea spesso una sorta di costrutto predefinito che finisce per diventare un criterio di validità: se ti comporti in un certo modo, se reagisci in un certo modo, se parli in un certo modo allora hai diritto a sentirti tale, altrimenti in fondo non hai subito poi chissà che. Non sei una vera vittima.
Un meccanismo che si può e si deve spezzare raccontando dal punto di vista di chi subisce, relegando gli agenti in secondo piano e soprattutto ricordando che il solo fatto di aver subito una qualunque forma di violenza fisica o psicologica dà il diritto di ribellarsi, di parlarne, di denunciare e, soprattutto, di non sentirsi sbagliatə, indipendentemente da come si sia reagito o non reagito prima, durante e dopo.
Una delle frasi più importanti, che riporta la stessa Jennifer Guerra nella prefazione, è la citazione “Nessuno può farlo per te, ma non devi farlo da sola”: che il parlare debba partire da chi ha subito è una necessità, ma se chi ha subito sa di avere supporto, sa di avere ascolto, sa soprattutto di poterlo fare perché ci sarà chi sarà disponibile a credere senza giudicare (giudicare cosa, poi?), allora la forza necessaria sarà condivisa.
Ma per sapere di poterlo fare abbiamo bisogno di esempi e racconti, come le ”nove storie per osare” a firma di Anna Cercignano, Eleonora Antonioni, Maurizia Rubino, Francesca Torre, La Tram, Lucia Biagi, Vega Guerrieri, Caterina Ferrante, Laura Guglielmo, Davide Costa, Elisa2B, Carmen Guasco, Marta Macolino e Alessia De Sio.
Non starò a recensire le singole storie, non è sensato e non ce n’è bisogno: vi basti sapere che tutte, ognuna nel suo linguaggio, toccano punti fondamentali e che da ognuna arriva il messaggio fondamentale che un altro modo è possibile, che si può reagire, che si può migliorare ciò che ci circonda, ma che non possiamo farlo da solə.
E questo volume è un buon punto per iniziare, anche e soprattutto per le nuove generazioni.
Maggiori informazioni sul Collettivo Moleste sono disponibili sul loro sito http://www.moleste.org/ e sulla pagina Instagram https://www.instagram.com/collettivomoleste/