21. Tifoserie
Come sarà facile immaginare conoscendomi, questo non sarà un post che parla di sport e già il fatto che con questo titolo non si vada a parare su quell’argomento dovrebbe di per sé essere un’anomalia ma, appunto, se no probabilmente non ne farei un post.
Come molti sapranno (e già questo è da evidenziare), due giorni fa si è concluso il processo per diffamazione che vedeva contrapposti Johnny Depp e Amber Heard, con una vittoria quasi totale del primo sulla seconda.
Ora, io fino a qualche settimana fa non avevo quasi idea del contenuto effettivo di questo processo: avevo qualche informazione legata agli eventi passati, ma non sapevo che ci sarebbe stato, non ne conoscevo il contenuto, non sapevo soprattutto che sarebbe stato trasmesso in televisione.
Poi è partito e sono stato inondato su buona parte delle piattaforme social.
Spezzoni di video delle testimonianze, disamine più o meno lunghe, meme. Anche non volendo, ho ricevuto molte più informazioni di quante oggettivamente ne avrei cercate per i fatti miei, anche perché sarebbero state più o meno pari a zero.
Lo ripeto: non era un argomento di cui avessi interesse, ma ho ricevuto comunque una dose non indifferente di informazioni necessariamente parziali, falsate e incomplete e, come me, immagino molte persone. E mi sono accorto che stavo potenzialmente formandomi un’opinione. Non grazie a miei approfondimenti, non perché avessi fatto ricerche, ma esclusivamente per le informazioni che mi erano giunte in questo modo.
Per curiosità ho iniziato a guardarmi intorno. Persone che davano per scontato che una o l’altra parte avesse tutte le colpe (e, sia chiaro, non è mia intenzione qui approfondire quali e di chi siano: come ho detto, non ne so abbastanza e non è il mio scopo in questa sede), video in cui si diceva che dato che Depp è sempre stato una persona generosa e che faceva beneficenza, allora non poteva essere colpevole di abusi (really? Di nuovo, non sto valutando la colpevolezza, ma davvero è questo il criterio? Siamo ancora lì?), controvideo in cui si citavano tutti i motivi per cui Heard fosse una persona spregevole e quindi per forza di cose fosse lei l’abusante (ancora, really? Una persona di merda non può subire abusi?).
E alla fine di tutto ci sono state le esultanze. Meme, entusiasmi neanche fosse finita una pandemia o una guerra.
Esultanze di persone che per forza di cosa non sanno.
Esultanze perché la propria squadra ha vinto.
Solo che qui non si parla di una squadra, non si parla di una finale di calcio o di qualunque altro sport, si parla di un processo, di vite, di traumi, di conseguenze molto gravi. Il tutto trasformato non solo in uno spettacolo mediatico (e questo, purtroppo, non stupisce più), ma anche in uno strumento per svuotare le lotte più importanti.
Ho letto che questa sentenza avrebbe chiuso l’epoca del #metoo, tra le altre cose: una deduzione con cui non posso e non voglio essere d’accordo, ma che mi fa pensare a quanto sia facile farsi influenzare in questo modo, a quanto un’ondata di informazioni possa farci credere di sapere tutto, ci possa far abbandonare il senso critico e prendere posizioni che possono sembrarci razionali e ragionate, ma che finiscono per essere dei partiti presi.
Delle tifoserie, appunto.
E se sdoganiamo la tifoseria anche su questo, dopo averlo fatto per la politica e – temo – per fin troppi aspetti di cronaca, cosa ci garantirà che la giustizia possa rimanere tale? Che non finisca per essere influenzata da chi ha la voce più grande, il maggior appeal mediatico, la tifoseria più forte?
Ovviamente non lo so.
Non ho risposte, non so neanche quanto la mia analisi sia giusta, ma ho questa netta sensazione di stare assistendo a qualcosa di sbagliato da cui potremmo non essere più in grado di tornare.
E ne ho paura.