Nine Nine!

(c) NBC

Nel periodo del primo lockdown – e chi mi legge da tempo e mi seguiva allora lo sa bene – poche cose riuscivano a mettermi di buonumore, figuriamoci ridere di gusto.

L’unica, forse, che riusciva per venti minuti a strapparmi delle risate spontanee e di pancia era una serie TV che in Italia non è conosciutissimo e che, invece, avrebbe avuto diritto a ben altre luci: Brooklyn 99.

Brooklyn 99 è una comedy, di quelle girate soprattutto in interni ma non a camera fissa e ha una formula che alcuni potrebbero trovare obsoleta, quanto meno sulla carta: una stazione di polizia, alcuni detective che ci lavorano e gag spesso così assurde da rischiare di essere troppo sopra le righe anche per me. Rischiano, ma non lo sono mai.

Questa è infatti una delle incredibili capacità di Brooklyn 99: riuscire a essere assurda, anche alzando l’asticella, e invece di perdere lo spettatore agganciarlo, perché alla fine sembra di essere parte di una ciurma di guasconi che ci accolgono volentieri nella loro cricca.

Gli ingredienti che la rendono imperdibile sono sostanzialmente i due che non dovrebbero mai mancare in un prodotto di qualità: una scrittura intelligente e un cast in grado di renderla giustizia.

La sceneggiatura è impeccabile: in otto stagioni non si cede mai alla soluzione facile, all’appoggiarsi su meccanismi rodati e scontati (mi senti, The big bang theory) e quando si riprende in mano un’idea o una situazione lo si fa per renderla ancora più assurda e divertente, per portarla oltre, per far sì che lo spettatore non solo rida perché ormai c’è un inside joke con gli autori, ma anche dica “no, davvero, non potete stare facendo anche questo”. E lo fanno. Lo fanno eccome.

Nella stagione appena andata in onda negli Stati Uniti, ritardata a causa del lockdown, c’è stata anche la volontà di non nascondere la testa sotto la sabbia: una serie che parla di un distretto di polizia di New York che ha come capitano e sergente due uomini neri non può ignorare il movimento Black Lives Matters. O, meglio, può farlo ma risulterebbe codarda e furba. B99 non è nessuna delle due cose e gli autori hanno deciso di riscrivere la stagione in seguito agli eventi del 2020 per raccontare tali problematiche a modo loro: non era la prima volta che affrontavano il problema del razzismo negli States e, di nuovo, non hanno deluso.

Ma in quasi nove anni non sono mancati temi di ogni tipo: dall’omosessualità del capitano Holt (primo capitano nero e gay dichiarato) alla bisessualità di un altro membro del cast (che non cito per evitare spoiler), dalle coppie interraziali al, come dicevo, razzismo nelle forze di polizia. Ci si potrebbe chiedere come sia possibile affrontare certi argomenti in una serie comica fino quasi a essere demenziale: ci si riesce. Con intelligenza e tatto ci si riesce eccome.

Come dicevo, senza un cast adeguato la sceneggiatura potrebbe essere sprecata e qui, invece, viene esaltata. Tutti i protagonisti, nessuno escluso, hanno capacità attoriali e tratti peculiari che li rendono perfetti nel loro ruolo e complementari ai loro colleghi. Che si tratta del Peralta di Andy Samberg, del meraviglioso Capitano Holt di Andre Braugher, della Rosa Diaz di Stephanie Beatriz o di uno degli altri è impossibile non solo non affezionarsi ai personaggi, ma anche non adorarne l’evoluzione nel corso delle otto stagioni: un’evoluzione che invece di sembrare forzata è invece perfetta, naturale, spontanea. Si arriverà alla fine vedendo che, pur essendo indiscutibilmente gli stessi conosciuti all’inizio, tutti loro sono cambiati, influenzandosi e migliorandosi a vicenda.

Ho parlato di fine perché la scorsa settimana sono andati in onda gli ultimi due episodi della serie, che si conclude con l’ottava stagione: una fine preannunciata, che ha permesso agli autori di dare un’ultima run e di giungere al termine celebrando l’essenza stessa della serie stessa. Un finale divertente, meno agro di altri, con un tocco di ottimismo che non guasta e tanti, tanti inside jokes e ritorni ad hoc come nelle migliori feste d’addio.

Per me è un piccolo lutto nei confronti di una serie che mi ha dato così tanto, anche e soprattutto inaspettatamente.

Per chi non l’avesse mai vista, qualche riferimento: stiamo parlando di 8 stagioni, di cui le ultime più brevi (l’ottava sono solo 10 episodi), per un totale di 153 puntate. In Italia si trovano le prime sei su Netflix e non dubito che le altre due arriveranno il prima possibile.

E per l’ultima volta: NINE NINE!

Edit: vi lascio un classicone, giusto per farvi capire i toni


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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