Scelte
Oggi ho dovuto fare una cosa che penso mi sia capitato raramente, se non addirittura mai: declinare l’offerta di occuparmi di un progetto piuttosto grande.
Non l’ho fatto perché il cliente non mi piacesse: non è il mio preferito, ma quando si è trattato di professionalità non ho mai potuto lamentarmi; il fatto è che, semplicemente, non ho tempo.
I progetti e i clienti di cui mi sto occupando ora riempiono completamente le mie settimane, tanto che quei pochi lavori aggiuntivi che ho tenuto sono finiti a riempire i week-end in cui non ero via e non stavo camminando o scrivendo: una cosa che si può fare con progetti piccoli, non con qualcosa quantificato a cinque settimane/uomo.
La tentazione di accettare, lo ammetto, è stata forte: il progetto mi sarebbe stato pagato a tariffa piena contro quella (molto) scontata che pratico ai clienti attuali che mi garantiscono continuità e, potenzialmente, sarebbe stato anche interessante.
Ma no.
No, perché anzitutto ho dato la parola e la mia parola è il primo biglietto da visita.
No, perché non si tradisce la fiducia di chi ti garantisce continuità da due o più anni.
No, perché non si può neanche accettare un lavoro e poi farlo ritardare solo per “accaparrarselo”: molti lo farebbero, molti l’hanno fatto, ma io non sono molti e l’etica professionale per me è indispensabile.
Per cui no.
Con il timore di aver sbagliato, perché si interrompesse uno dei progetti per qualche motivo, mi morderei la mani, ma con la convinzione che fosse l’unica scelta possibile.
Per evitare stress, certo, ma anche perché voglio continuare a sperare che la professionalità e l’etica, a lungo andare, paghino.
O almeno me lo auguro.