Una parola che odio

C’è una parola che sto cominciando ad odiare con tutto me stesso.

Quella parola è "stanco".

E’ la risposta più frequente quando qualcuno (realmente interessato o meno) mi chiedo come sto, come va.

Stanco.

Poi, certo, non entro nel dettaglio, anche se chi mi è più vicino sa cosa intendo.

Non intendo la stanchezza della vita quotidiana: quella c’è sempre stata e mi è sempre stato sufficiente arrivare a qualche giorno di ferie per ricaricarmi.

No, qui si parla di una stanchezza diversa.

Si parla della stanchezza d’accumulo.

Si parla della stanchezza da situazioni che solo io posso gestire e che spesso non posso delegare.

Si parla della stanchezza che nasce da non potere e, a volte, riuscire a svuotare la mente.

Si parla della stanchezza che si forma quando ogni giorno c’è un’incombenza nuova che si affianca a quelle di routine.

Si parla della stanchezza di un nuovo status quo che si va formando giorno per giorno, ma che attraversa la vita con la grazie di un ciclone.

Si parla di quella spossatezza che si attacca alle ossa quando, sopravvissuto a qualcosa di doloroso, non viene dato neanche il tempo di respirare.

E così si cerca di mantenere una parvenza di normalità, si cerca di vivere la vita di tutti i giorni cercando di considerare gli impegni extra come un qualcosa di fastidioso ma facilmente superabile, per quanto evidente sia questa menzogna.

Martedì mi sono tolto (quasi del tutto) una delle peggiori incombenze eppure non ho ancora sentito il peso alleggerirsi: sono talmente avvolto dalla stanchezza che i tempi di risposta diventano assurdamente dilatati.

Chi mi conosce sa quanto io ami il cambiamento e quanto lo consideri parte integrante e fondamentale della mia vita; sono sempre stato e rimango ancora convinto che dal cambiamento possa sempre nascere qualcosa di bello e grande.

L’unico problema è che per costruire ci vogliono tante energie ed io sono fondamentalmente in riserva, con l’aggravante che non sono certo che ora basterebbero delle (meritate) ferie a farmi ricaricare.

Metabolizzare.

E’ questa la parola chiave.

Metabolizzare.

Ci riuscirò prima o poi.

E nel frattempo sarà il caso di trovare un distributore per tamponare la riserva, temo.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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6 risposte

  1. pollon74 ha detto:

    Come mi dispiace leggere questo post 🙁

    Eppure so che ce la farai, devi solo dosare le forze, perchè il prossimo distributore è più vicino di quanto pensi, ne sono sicura 🙂

    :*

  2. Aries ha detto:

    Grazie della fiducia 🙂

    Certo, forse sarebbe il caso di contattare la società  Autogrill 😛

  3. alex304 ha detto:

    la prossima volta che ti chiedono come stai.. magari puoi dire “metabolizzo…pian piano”.

    La pazienza è la virtù dei forti. Solo il tempo è in grado di svuotarti un po’ il cervello e fartelo sentire più leggero…

    ..così finalmente l’unico neurone che hai tornerà  a farsi le gare di velocità  da un orecchio all’altro! ahahahah dai che scherzo, ovviamente! 🙂 bacione. E pacca sulla spalla! 😉

  4. Aries ha detto:

    Già , sarebbe una bella risposta, ma sai cosa? Molti non vogliono sapere la verità . Non vogliono sapere che ci vuole tanto tempo. Non è rassicurante, non è comodo, non è “educato”.

    (non cito il mononeurone, pagherai in separata sede 🙂 )

  5. DARKVAMPIRELLA ha detto:

    ecco… io ultimamente mi sento esattamente così! Hai espresso esattamente il mio staus quo attuale..

  6. Aries ha detto:

    Non può che dispiacermi… non è affatto bello 🙁

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