Fai da te

Non so quanto mi sia capitato di dirlo, qui sopra, ma mio padre era senza ombra di dubbio quello che a Bologna chiamerebbero “ciappinatore” e che, in italiano, definiremmo fac-totum/riparatutto.
Quando volevo costruire qualcosa o doveva riparare, la fantasia non gli mancava e parecchi sono gli aneddoti che riguardano questa sua caratteristica: uno dei più pittoreschi riguarda una vecchia macchina di mia madre (non ricordo se fosse la 500, la mini o il 126) che si ritrovo col pianale marcio e bucato e che lui ben pensò di riparare con una bella colata di cemento; magari non fu la soluzione più accettabile per la motorizzazione, ma è innegabile che la stabilità del mezzo ne guadagnò.

Io, per tanto tempo, non sono stato così: non amavo i lavori manuali, ero imbranato, non ero neanche particolarmente interessato; questo e la mia scarsa propensione all’altra sua passione (l’orto) e al mio odio per alcolici e cibi piccanti mi rendeva delusione costante nei suoi desideri di condivisione, ma a ognuno il suo.

In realtà, però, con gli anni qualcosa è cambiato.
Complice la necessità di aggiustare problematiche in casa, quella parte di me non dico si sia sviluppata appieno, ma per lo meno non è in coma profondo come una volta.
Negli anni ho imparato a farmi prolunghe in casa, a stuccare, a cucire bottoni a mano, a cercare di riparare oggetti prima di buttarli: storica è la mia riparazione allo sportello della vecchia lavatrice che, rottosi il pulsante di apertura, fu sistemato con un ingegnosa impugnatura di fil di ferro; lo so, non è una colata di cemento, ma è già qualcosa.

Orbene, oggi la donna delle pulizie mi ha avvisato che la lucidatrice si era improvvisamente spenta e non si accendeva più: stiamo parlando di un oggetto che non ha meno di 40 anni, fatta ancora in metallo pesante (immagino sia plutonio) e che ha sempre funzionato alla grande.
Ero già pronto a cantarle un requiem e ringraziarla per i decenni di onorato servizio, quando ho notato che il cavo, in realtà, era avvolto in un punto in un nastro adesivo: si è illuminata la lampadina e ho capito subito che, chissà quanti anni fa, mio padre aveva fatto una giunzione per prolungarlo e probabilmente aveva ceduto.
Così l’ho srotolato (lavandomi cinquemila volte le mani, avete mai srotolato un nastro adesivo vecchio di decenni?) senza dar peso al fatto che il nastro fosse quello che si usa per fissare le garze sterili (ciappinatore, vi ricordate?) e, una volta finito, ho avuto conferma: uno dei tre cavi si era sganciato.
Ho così recuperato dei pezzi di ricambio per la giunzione, tagliato i fili vecchi, spelato i pezzi nuovi, li ho uniti e li ho riavvolti con del nastro isolante (solo perché non avevo nastro per garze, ovviamente). 
Et voilà, ha tornato a funzionare.

Ed è strano aver messo mano a una riparazione che aveva fatto lui chissà quanto tempo fa e sapere di averla in parte prolungata e, in parte, migliorata: non so quanto durerà, onestamente, ma fosse anche un giorno in più sarebbe una soddisfazione.

E no, non penso sarebbe fiero: è più probabile che direbbe “beh, cosa ci vuole? Era il minimo che potessi fare”.

Ma va bene così: l’ho riparata, conta questo.

 

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. giuseppe ha detto:

    …che comunque non era nastro per le garze ma una 30ina e più anni fa il nastro isolante era telato (non che era scappato via …)

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