80. Arti nascoste

Sai, mi ha sempre infastidito. Tu non puoi vedere la mia arte, ma… io sono una delle migliori artiste che conosca. È solo che… nessuno potrà mai vedere le meravigliose cose che ho creato, perché non puoi appenderle in una galleria.

Quella che parla è la madre di Amanda Palmer che spiega alla figlia quanto una sua frase detta da adolescente l’abbia ferita.

Quando Amanda aveva 13 anni, con la rabbia e la ribellione che solo un’adolescente può avere, soprattutto se con velleità artistiche, urlò alla madre “Io sono una vera artista! Tu no!”.

La madre di Amanda fu una delle prime sviluppatrici di software negli anni ’70 in America. Davvero. Sviluppatrice software. Una donna che sviluppava software quando il concetto stesso di sviluppo software era ancora astruso e pionieristico.
Praticamente potrei considerarla la mia eroina personale.

E proprio in quanto mia eroina personale non posso che comprendere e sentire mie le parole che ho citato all’inizio.
Ho detto tante volte, parlando con amici o conoscenti, che l’informatica è un’arte.
Di solito la risposta a una frase del genere è una risatina di cortesia.

Il fatto è che davvero lo sviluppo software è un’arte.
Scrivere codice che funzioni e che funzioni bene significa dar fondo a una creatività che non si discosta molto da quella che può avere uno scultore o un pittore.
Io voglio ottenere un risultato e devo piegare la materia con cui sto lavorando perché quel risultato sia esattamente ciò che desidero.

Che poi la materia con cui lavoro sia creta, marmo, tela, acquarelli o bit e righe di codice poco importa.
Si tratta di creare.
Si tratta di inventare.
Spesso e volentieri si tratta di fare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima o di trovare un modo nuovo e migliore di farlo.

C’è un termine che a volte si usa per definire del codice ben scritto: elegante.
Dire che del codice è elegante significa che non solo raggiunge lo scopo, ma lo fa in modo fluido, veloce, intelligente: a volte non è neanche intuitivo, ma rappresenta la scintilla di un’intuizione. Uno dei più bei complimenti ricevuti da un altro sviluppatore fu proprio questo: avevo scritto del codice elegante a cui lui non aveva pensato.

Ho scritto più volte quanto il mio lavoro sia ormai fonte di frustrazione per me: da un lato la necessità di trovare nuovi sbocchi e clienti per mantenermi (e per affrontare le enormi spese che attendono come una spada di Damocle), dall’altro il voler fare altro, tra cui scrivere.
Ma uno dei motivi per cui questo lavoro ormai è così frustrante è proprio la mancanza di stimoli.
Se un lavoro che di natura sarebbe creativo diventa meccanico e ripetitivo finisce per perdere le caratteristiche che lo rendono speciale e appetibile.
Finisce per non essere più quel lavoro ma una sua ombra: smetti di essere un’artista e finisci per lavorare in catena di montaggio.

Durante un colloquio qualche giorno fa mi è stato chiesto se avevo mai lavorato in alcuni campi. Ho dovuto rispondere di no. “Dovuto” perché quando tratti con certi clienti puoi avere tutte le idee innovative che vuoi, ma se il cliente non ne vede l’utilità perché non riesce a guardare oltre o perché preferisce puntare sul risparmio a breve termine, allora ciò che rimane è routine e frustrazione.

Eppure ci sono quelle volte in cui arrivano nuove sfide: qualcosa di mai fatto, un nuovo tipo di funzione da inventare da zero, cose del genere.
È lì che torna lo spirito creativo.
È lì che questo lavoro ridiventa ciò che dovrebbe essere.

Ma anche a quel punto la soddisfazione non potrà essere che personale, perché il cliente non capirà quanto è bello e complesso ciò che si è realizzato o perché magari si focalizzerà sul colore di un’icona.
Sul fottuto colore di un’icona.

Un po’ come farsi fare un ritratto da un’artista e poi lamentarsi perché la cornice ha una sfumatura sbagliata su uno spigolo.

Ma rimane il fatto che l’eleganza del lavoro fatto la vedrà solo il suo creatore o, se va bene, qualche suo amico sviluppatore come lui.
Avevo un amico del genere e quando veniva a cena finivo sempre per mostrargli qualcosa che avevo fatto perché sapevo che avrebbe capito.
Ora quell’amico non c’è più e la rara soddisfazione di un software fatto bene rimane nel mio sguardo.

Come quando avevo  vent’anni e lavoravo al mio primo progetto all’università: un editor di testi costruito da zero.
A rivederlo oggi si trattava di qualcosa di tanto grezzo e sempliciotto che mi imbarazzo alla sola idea, ma in quei giorni  fu per me qualcosa di enorme: stavo creando da zero e lo stavo facendo bene, dati i tempi.

Ricordo che i miei ridevano delle mie esclamazioni di gioia mentre sviluppavo in camera come se fossi un povero giovane pazzo con cui essere accondiscendenti.
Provai a spiegare, provai a far capire, provai a mostrare, ma dove io vedevo la tela, dove io avevo dato forma alla scultura, loro vedevano solo degli strani caratteri  sullo schermo e sorridevano con cortesi, come fa ora chiunque (o quasi) a cui dica che l’informatica è un’arte.

Ovviamente non è colpa di nessuno, ma il sentimento di “distacco” rimane ed è lo stesso da allora.

E oggi, finalmente, comprendo fino in fondo cosa l’amore che avevo (e in parte ho) per il mio lavoro e la passione che mi avvolge ogni volta che scrivo qui o il romanzo hanno in comune: la creazione.

Molti di noi hanno bisogno di creare e se non ce lo permette il nostro lavoro allora troviamo altre attività che ce lo permettano per poi volerle condividere: scrivere, suonare uno strumento, costruire  modellini, dipingere, scolpire, cucinare.
È  creazione.
E la creazione è arte..

E l’arte si alimenta di condivisione o finisce per morire.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. Stefy ha detto:

    Ho annuito durante tutta la lettura del tuo post.
    Ultimamente facevo lavori poco gratificanti e per niente stimolanti. Adesso mi pare di essere tornata ai vecchi tempi, quando mi divertivo da morire a programmare. Spero che questa cosa duri il più a lungo possibile, e ti auguro che questo momento torni anche per te 🙂 :*

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