Rieccoci

Quando sto per scrivere un post in una ricorrenza vado sempre a rileggere ciò che avevo scritto l’anno precedente. A volte anche più indietro, ma di solito l’anno precedente è sufficiente.

A ben pensarci è un po’ come andare a rileggere l’oroscopo dell’anno passato per vedere quanto ci avesse preso. Più o meno.

L’anno scorso chiudevo con queste parole:

E oggi, al 31 dicembre, in un momento di contagi che aumentano, con un enorme punto di domanda sul 2022, io sono carico di un qualcosa che non sentivo da tempo: gioia e speranza. Perché anche in questi ultimi giorni, soprattutto in questi ultimi giorni, ho avuto la dimostrazione che ci sono, che arrivano, che vanno accolti, che il buio finisce sempre. E magari torna e poi finisce di nuovo e così via all’infinito, ma finisce e noi dobbiamo viverci dentro per quando ne usciamo fuori. Ho sorriso in questo dicembre. Ripeto. Ho sorriso in questo dicembre. Chi mi conosce sa quanto è importante questa frase. Sa quanto significhi. Sa perché la sto sottolineando.
Quest’anno si è concluso con me che sorrido a dicembre. Il 2022 lo aspetto così. E tanto basta.

Avevo più ragione di quanto pensassi. L’anno che è appena trascorso mi ha dato più gioie ed emozioni di quante ne abbia avute in anni, mi ha fatto sentire vivo come non mai, mi ha ricordato chi sono e, in certi casi, mi ha fatto scoprire aspetti di me che non conoscevo. Ma non è stato gratis, tutt’altro. È stato sì un anno carico di gioia e di bellezza, ma al contempo ha richiesto tanto dal punto di vista emotivo, in uno scambio che rifarei mille volte ancora, ma che sarebbe stupido e ingiusto non vedere e sottolineare.

Ho avuto tanto, quest’anno. Emozioni, passione, novità, luoghi mai visti prima, risate, esperienze, follie (quante follie), momenti unici, ricordi. Ma anche frustrazione, dolore, rabbia, paura, esasperazione, stanchezza. Mi è stato chiesto più volte se le seconde valessero la pena delle prime e la risposta è stata sempre sì, senza batter ciglio, senza dubbi, senza neanche pensarci.

Su una cosa sicuramente sbagliavo l’anno scorso: pensavo di essermi ricostruito. Non era vero. Avevo solo ricostruito una nuova base su cui lavorare e quella base avrebbe (e ha) comportato tentativi, errori, correzioni di rotta. Oggi so che sto ancora costruendomi. E forse so che non si finisce mai di farlo. Ma se l’anno scorso pensavo di essere consapevole della mia forza, beh, ero ben lontano dallo scoprire di cosa potevo essere capace.

Ricostruirsi, riscoprirsi, significa anche perdere parte di ciò che ci accompagnava. Che sia perché non rientriamo più nella scatola etichettata in cui ci avevano infilati, perché non siamo più utili, perché ciò che stiamo costruendo non piace più o, semplicemente e serenamente, perché le strade si allontanano naturalmente. Poco importa. Si prende nota, verso alcune persone ci sarà anche del dispiacere, verso altre ci sarà un senso di liberazione, e si prosegue.

Si prosegue con chi nel frattempo è arrivatə, con chi è già fondamentale e chi si sta facendo un proprio spazio, con chi – soprattutto – ha voglia di esserci, perché alla fine il concetto è quello: che dobbiamo avere intorno chi ha voglia di esserci intorno per ciò che siamo. Il resto è solo numero.

Il che non significa non sentire dolore nei momenti di solitudine.

Posso tranquillamente dire che questo è stato il Natale peggiore della mia vita, in cui la percezione di essere solo, di non essere la priorità per nessuno, di non avere una casa del cuore e dell’anima, è stato più forte e doloroso. Chi mi conosce sa a quanto dolore è legato il periodo e, nonostante questo, quanto io abbia sempre amato il Natale, ma diciamo che quest’anno mi è sembrato di essere ben poco ricambiato da lui, se vogliamo metterla così. Il che non significa non sapere quante persone comunque mi vogliono bene, ci sono, mi pensano, tengono a me. Lo so e ne sono grato ogni giorno. E loro sanno quanto io losia.

Così come sono grato a quelle persone che, arrivate quest’anno magari perché mi hanno scoperto ascoltando Potrebbe Piacerti o Polo Nerd, hanno iniziato ad apprezzarmi, a guardarmi da fuori, a mostrarmi come vengo percepito dall’esterno: a loro dico grazie, perché vedersi con gli occhi altrui può ricordare che poi tanto male non siamo, evidentemente. Grazie.

Un anno fa chiudevo il 2021 sorridendo e pieno di speranza.

Oggi sorrido un po’ meno. Ho più punti di domanda. Ho più paure, forse. O, semplicemente, sono più stanco.

Ma la speranza, quella non muore. Anzi.

La speranza di saper fare ciò che ho fatto lungo tutto questo anno: prendere a morsi la vita. Riconoscere il bello e volerlo fare mio. Non farmi vincere da paure che non mi avrebbero fatto vivere. Percorrere la strada che molti non avrebbero percorso, perché sentivo che comunque era quella giusta per me.

Questo è ciò che spero per me nel 2023.

E lo spero per voi. E ci aggiungo qualche altro consiglio o auspicio da quattro soldi.

Abbiate paura, ma sconfiggetela.

Non cercate la solitudine, ma non temetela.

Siate consci del giudizio altrui, ma non permettete che vi guidi.

Accettate tutto ciò che siete e non tenetevi intorno persone che ve ne fanno negare una parte.

Perdonatevi. Non con accondiscendenza. Ma perdonatevi.

Ricordatevi che il vostro percorso può cambiare in qualunque momento, che niente è necessariamente segnato e che cambiare idea può salvarvi la vita. O semplicemente renderla migliore.

Non temete di sbagliare, ma fate il possibile per rimediare.

Il vostro passato determina chi siete oggi, ma non cosa dovrà essere la vostra vita domani. Anche e soprattutto se siete convintə di sì.

A volte provate a mettere in discussione ciò che considerate indiscutibile. Potreste rimanere stupitə.

Fate cose nuove. Anche se pensate di non essere prontə, anche se farete cazzate, anche se c’è sicuramente chi lo fa meglio di voi: fatele. Potreste scoprire parti di voi che non avreste visto altrimenti. Potreste imparare qualcosa. O, semplicemente, divertirvi. E in caso potete – ribadiamolo – cambiare idea.

Dite ciò che provate alle persone che avete accanto. Non date per scontato lo sappiano perché l’avete detto in passato o perché lo dimostrate in altri modi. A volte anche sentirlo dire è importante.

E magari provate a farlo anche con gli amici o con qualcuno con cui interagite: cosa apprezzate di loro? Siete sicurə lo sappiano?

Non abbiate paura di dire di no. Il tempo è il vostro capitale più prezioso e quello che si consuma senza ritorno. Dite di no. Con gentilezza, con educazione, con rispetto, ma dite di no se una cosa non la volete fare.

Ma se il no nasce solo dalla pigrizia, allora valutate se dire sì.

Insomma, non abbiate paura di dire no, ma neanche di dire sì.

Se avete paura o siete in dubbio per qualcosa chiedetevi “qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere?” e, subito dopo, “e sarebbe davvero così terribile se accadesse?”.

Invece di chiedervi “perché?” provate a chiedervi “perché no?”.

Io l’ho fatto un anno fa, l’ho fatto più volte quest’anno e non c’è stato un momento in cui me ne sia pentito.

Sì, nonostante quello che ho scritto sul Natale e sulla stanchezza.

Perché ne vale la pena.

Ecco, alla fine quello che vi auguro è questo: fate sempre tutto ciò che vi porti a dire “ne valeva la pena”.

Io non conosco altro modo.

Buon anno a tuttə e grazie a chi ha fatto sì che questo 2022 valesse la pena di essere vissuto.


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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