90. Avanti!
Le idee nascono nei luoghi e nei momenti più strani. A volte sono piccoli semi che decidono autonomamente quando devono germogliare e crescere, altre sono flash che arrivano e non ti mollano finché non hai dato loro forma. Altre ancora è un mix delle due.
Stavolta lo spunto è nato durante uno dei tanti viaggi in macchina di questi mesi, in una galleria, con una musica ben precisa partita più o meno per caso dall’Iphone e una catena di sensazione e immagini seguite a ruota.
Il resto è venuto più o meno da sé.
Un racconto? Una fotografia? Un momento che magari qualcuno ha davvero vissuto?
Difficile dirlo, fatto sta che è nato e che ora è qui da leggere.
Consiglio, se possibile, di far partire la musica in sottofondo. Renderà l’esperienza un po’ più completa.
Sono pronto.
Mi accoglie in sé, pronto a rispondere ai miei comandi e solo ai miei, come sempre.
Quasi 300 tonnellate di metallo pronte a sollevarsi e a sfrecciare al mio comando.
Eppure ora, mentre aspetto, il suo corpo sembra immobile, neanche una vibrazione sotto di me.
Se non fosse per il suono dei dispositivi, i bip sullo schermo, penserei che sia soltanto un’immensa statua più o meno circolare, niente in grado di prendere vita.
Fa paura, il pensiero di così tanto potere in grado di esplodere all’improvviso, senza preavviso. Ma d’altronde è per questo che siamo qui, è per questo che anni fa sono fuggito con lui, perché non finisse nelle mani degli invasori, perché potesse essere un difensore e non un distruttore.
Mi è difficile ammettere quanto mi senta a mio agio stare seduto qui, in questa postazione, con le mani sulle leve di comando.
Nonostante il casco sento l’odore di casa, possibile dopo tanti anni? Immagino di sì. L’unico luogo dove posso sentire l’odore del mio mondo perduto è quando mi siedo in un’enorme macchina da guerra pronto a difendere un altro pianeta.
Manca poco e dal laboratorio mi indicheranno l’uscita da prendere.
Ci siamo.
Numero 2.
Sbucheremo dalla foresta.
”Avanti” urlo, mentre muovo la leva di comando.
Eccolo.
Una vibrazione bassa, crescente.
Il suo corpo di metallo si solleva lievemente.
Partiamo.
Dovrei sentire la spinta dei motori, la pressione contro la poltrona, ma non è così.
Non vedessi il tunnel avvicinarsi non mi renderei conto che ci stiamo muovendo.
Il tunnel, le luci, mi vengono incontro.
L’immensa struttura che ha creato il mio padre adottivo per aiutarmi nella mia missione, chilometri e chilometri di percorsi sotterranei per permetterci di uscire dove e quando necessario.
Le luci dei tunnel mi scorrono sempre più velocemente davanti.
Tra poco saremo fuori e comincerà l’ennesima battaglia.
Di nuovo rischierò la vita mia e di coloro che amo per impedire che questo pianeta subisca la sorte del mio.
Di nuovo dovrò distruggere per difendere.
Finirà mai?
Non riesco a immaginarlo.
Non riesco a vedere una vera fine.
Vedo solo infinite battaglie uguali a loro stesse davanti a me.
Vedo me stesso sempre più stanco.
Sempre più solo.
Ma non ho scelta.
Non più.
Le luci del tunnel sono ormai una linea continua.
Eccoci.
Ci siamo.
La luce del sole mi investe.
Che la battaglia inizi.
– Papà? Papààààààà? Mi senti?
Il sole fuori dalla galleria mi ha fatto strizzare gli occhi per un istante.
– Eh? Scusa, tesoro, mi sono distratto. Cos’hai detto?
– Ho detto che mi piacciono tanto le gallerie.
– Davvero? E perché?
Mia figlia mi guarda con quello sguardo da furbetta che ha evidentemente ereditato da sua madre.
– Perché sei divertente quando siamo nelle gallerie.
Sorrido.
– Sono divertente, eh?
Annuisce e ride col suo sorriso sdentato.
– Sì, ma non sempre, solo quando c’è quella musica. La canti e muovi le mani in modo strano.
Quella musica. Colpevole di tutte le accuse, non posso che continuare a sorridere.
– Che ne dici se stasera papà ti fa vedere un cartone animato dei suoi tempi? Così magari impari quella musica anche tu, ti va?
Annuisce contenta, mentre io rimetto dall’inizio quella sigla mentre prima di entrare nella prossima galleria e, intanto, immagino già di sentirla gridare ”Goldrake, Avanti!” con me.