10. Quindici

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Quando ho iniziato la sfida ho scritto di aver perso quindici chili. L’ho scritto quasi di passaggio, ripromettendomi di approfondire un po’ il discorso. Ci provo.

Chi mi segue da un po’ sa bene quanto io abbia scritto riguardo la body positivity, la difficoltà di essere persone grasse in un mondo grassofobico e anche la problematica di quelle frasi volte a dare sostegno e che invece, spesso, risultano terribilmente vuote.

Ho abbracciato e fatto mia la lotta perché ogni corpo sia rispettato in quanto tale, senza dovere giustificare la propria esistenza.

Allora perché questo calo e perché ne sono contento?

Forse la domanda più interessante a cui rispondere è la prima, perché la risposta non è quella che ci si aspetterebbe, la seconda probabilmente si intuirà di conseguenza: non mi sono messo a dieta, non ho deciso volontariamente di calare, non ho fatto nulla – a livello consapevole – perché avvenisse. È successo e ho impiegato un po’ a capire come e perché.

La prima idea di molti, dato che è avvenuto in concomitanza dell’inizio del mio rapporto con la persona che è ora nella mia vita, era ovviamente stata che in qualche modo l’avessi fatto per lei, ma posso tranquillamente dire che non è stato così. Anzi, non c’è stato un momento in cui abbia detto o pensato di dover dimagrire per lei e, sicuramente, non c’è stata occasione in cui lei mi abbia fatto intuire o detto esplicitamente che avrei dovuto farlo.

Quello che è successo è più sottile e pone le sue radici in ciò che è venuto prima. Per lungo tempo mi sono ripetuto che se dovevo essere apprezzato o amato da qualcuna avrebbe dovuto essere indipendentemente dal mio fisico, dal sovrappeso, da quel primo impatto che potevo avere su un’altra persona. Consapevole di non essere uno di quelli che possono essere adocchiati in un locale volevo essere apprezzato per tutto il resto. Volevo che mi si volesse conoscere superando l’ostacolo iniziale.

Si trattava assolutamente di un desiderio legittimo, ma nella mia condizione psicologica mi si era ritorto contro, era diventato una corazza. Io non mi permettevo neanche istintivamente di perdere peso perché quella corazza doveva essere superata così, perché io in realtà dovevo essere apprezzato così: sarei stato veramente amato e visto solo da chi avesse deciso di guardare oltre quella protezione.

Poi è successo. Ho incontrato una persona che ha visto altro, che ha superato (o non ha neanche visto) quella corazza e mi ha voluto vedere davvero, arrivando anche ad apprezzare ciò che percepiva da fuori: questo ha spezzato quel meccanismo. Se ero stato visto non avevo più bisogno di quella corazza, non avevo bisogno delle energie per mantenerla. Potevo abbandonarla.

E così, in breve tempo, mi sono trovato a nutrirmi diversamente, in modo completamente istintivo, a mangiare non per riempire altro ma solo per fame e, di contro, a non mangiare quando non ne avevo. Sembra banale, scritto così, ma sono assolutamente consapevole che non lo è, non lo è affatto.

Ma in questo modo sono andati via quindici chili.

Racconto tutto questo non perché debba essere chissà che esempio: non penso ci siano margini perché si possa trovare una chissà quale lezione generalizzabile in ciò che ho vissuto; lo racconto perché sono stato fortunato, perché è avvenuto qualcosa che mi ha permesso di spezzare quel cerchio, ma è fondamentale ricordare quella maledizione me l’ero costruita addosso non per come mi percepivo io, bensì per il rifiuto verso un mondo che trovava (e trova) disgustoso ciò che ero e, in parte, ciò che sono.

“Se mi odiate così, allora continuerò a esserlo, perché non voglio darvela vinta, non posso darvela vinta, non voglio essere sbagliato”. Questo era ciò che urlavo pur non sapendolo. Avvolgendomi in una protezione che rischiava di soffocarmi pur di non accettare l’odio che avrei dovuto provare verso me stesso secondo il sentire di troppi.

Il meccanismo mi si è ritorto contro, ma ciò che l’ha generato non mi apparteneva: era la mia reazione per sopravvivere.

In qualche modo ce l’ho fatta.

Ma, lo ripeto, sono stato fortunato.


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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