9. Del Salone del Libro

Il mio rapporto col Salone del Libro di Torino è cambiato molto negli anni. Durante le mie prime edizioni arrivavo il sabato, mi perdevo tra gli stand e compravo un sacco di libri che probabilmente avrei potuto pagare meno altrove, solo perché ero lì e potevo. Ammetto che giravo più tra gli editori che conoscevo bene, i più grossi, e finivo per perdermi molte chicche.

Il problema era che, in questo modo, dopo un po’ finii per stufarmi: troppa gente, pochi sconti, poca chiarezza sugli incontri, perché continuare a dannarmi?

Così arrivò la fase infrasettimanale: andavo in treno e non più in macchina, sfruttavo il giovedì o il venerdì e così magari vivevo ancora pochi incontri – i più interessanti erano comunque concentrati nel week-end – ma iniziavo a rendermi conto di quante realtà medie o piccole valessero la pena di una sosta o più: erano quelle con curiosità, che volevano raccontarti i propri libri e – il che non guasta – che spesso facevano sconti interessanti. Avevo trovato la mia dimensione del Salone, almeno per quel periodo.

Nel frattempo avevo iniziato ad avere amici da raggiungere e salutare, con cui chiacchierare o semplicemente coi quale avere l’occasione di un abbraccio troppo a lungo rimandato.

E poi ovviamente è arrivata la pandemia. Niente Salone, niente eventi, nulla di nulla.

Quando a ottobre c’è stata la nuova edizione non sapevo bene cosa aspettarmi: mi piacque, sì, complice anche la possibilità di interagire con gli amici di Bao, di assistere ad alcuni incontri interessanti, di vedermi con altri amici, ma sembrava ancora una fase di transizione. In fondo avevamo tutti ancora le mascherine, eravamo ancora tutti incerti su come potesse funzionare. Fu bello, ma con un retrogusto ancora strano.

Quando ho deciso di andare all’edizione che si concluderà domani avevo presente tutto questo e volevo sperimentarlo di nuovo, stavolta senza mascherine, senza quell’ombra che – pur restando presente in un angolo della mente – diventa sempre meno invadente. Per di più avevo l’occasione di portare un’amica che non ci era mai stata, di vedere alcune persone che non salutavo da tempo e, in qualche modo, di fare l’inviato speciale che almeno per stavolta non avevo potuto avere con me, mandandole foto di tutto ciò che avrebbe amato.

Ne è valsa la pena. Mi sono trovato a girare ogni corridoio con una curiosità ritrovata che mi mancava da tempo, a esplorare gli editori medi e piccoli, a cercare volumi che potessero piacere a lei lontana e, in questo modo, fermare lo sguardo su scaffali che magari non avrei notato in altre situazioni. Ho comprato libri che avevo previsto di prendere e altri che proprio no, ma è un altro di quegli aspetti del Salone che mi mancavano: la scoperta e il successivo acquisto.

Ho incrociato e abbracciato amici, ho assistito a una sola conferenza per la quale è però assolutamente valsa la pena aspettare, mi sono sentito dare del Dio Greco (perché no, su questo non scherzavo ieri), sono rimasto colpito e contento di vedere quanti ragazzi giovani erano presenti per i corridoi tra gli stand.

Sono tornato a casa sfatto come non ero da tempo, ma contento. Contento di averlo fatto, contento che la mia amica si fosse trovata bene, contento di averlo condiviso con chi era troppo lontana. Contento di averlo vissuto davvero.

Lui era tornato e stavolta lo ero anche io.


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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