Nel Limbo
E così da ieri tutta la Lombardia è in una zona se non rossa, quanto meno rossastra, rosina, arancione, quel che è.
Sabato mattina sarei dovuto andare a Bologna, ma ho preferito rinunciare. Sia per una questione di responsabilità, sia perché se – come già si stava ventilando venerdì sera – avessero davvero istituito una zona rossa lombarda volevo essere certo di non rimanere chiuso fuori.
Sì, mentre sabato notte la gente si accalcava per fuggire io, fossi stato via, sarei stato probabilmente quello che si sbrigava a tornare. Ma va beh, non sto scrivendo per darmi pacche sulle spalle da solo né per fare il figo. Ammetto che parte della mia spinta sarebbe stata il non avere intenzione di lasciare i gatti senza di me così a lungo.
Quello che è successo sabato sera è stato gravissimo. Grave che sia uscita una bozza di decreto prima che fosse firmato. Grave che giornali autorevoli l’abbiano fatta circolare prima che fosse ufficiale. Grave che, in preda alla mancanza più totale di senso civico, la gente si sia accalcata in stazione per fuggire.
Attenzione, io capisco, capisco sinceramente, la paura e l’istinto. Capisco cosa voglia dire in un momento di crisi voler stare con chi ami. Capisco meno l’irresponsabilità che certe azioni portano con sé, considerando che si mettono a rischio i propri cari, se non vogliamo parlare anche del bene comune.
E, come dicevamo giustamente alcuni, ci sono sicuramente persone che potenzialmente non avevano scelta, anche solo per la mancanza di chiarezza su quali sarebbero state le conseguenze.
Però sì, sono arrabbiato, perché ci fosse stato più senso di responsabilità forse non saremmo a questo punto. E perché comunque vada, vedo davanti un disastro colossale sotto vari fronti.
Ma siamo qui e dobbiamo cercare di andare avanti. Io – almeno per ora (incrociate tutte le dita che avete, per favore) – ho da lavorare: come detto prima il mio lavoro non cambia, lavoravo da casa prima e lavoro da casa ora. Cambia che ho deciso di non fare venire la persona che si occupa delle pulizie finché la situazione non si sarà assestata. E cambia che non ho più le valvole di sfogo. Ancora meno, ora, dato che sostanzialmente non posso vedere nessuna persona cara.
Questo è ovviamente il meno davanti a persone che stanno morendo per il virus e ad altre che non sanno come vivere a cause delle chiusure, ma si tratta di una situazione che – comunque – va presa in considerazione, perché toccherà molte persone.
Io vivo solo (coi tre felini, ok, ma solo). Non ho famiglia vicina. Non ho amici nei paraggi. E comunque sia se vogliamo rispettare le indicazioni non cambierebbero le cose. Questo significa dover affrontare quattro settimane (come minimo) di isolamento quasi totale. Di mancanza di rapporti umani reali. Di mancanza di risate dal vivo, di abbracci, di quello che ci rende animali sociali.
L’ho scritto ieri sui social e lo riscrivo qui: come me ci saranno probabilmente altre persone che conoscete nella stessa situazione. Cercate di essere presenti per loro, se potete. Sì, è vero, sono stati istituiti sportelli di ascolto e supporto psicologico (il che la dice lunga su quanto questo possa essere un problema), ma non sono in sostituzione dei contatti con amici e persone care. Sono in aggiunta.
Sono tante le persone a cui pensare. I malati. Chi deve continuare a lavorare a contatto col pubblico. Chi ha perso, sta perdendo o rischia di perdere il lavoro. Chi già ora non sa come arriverà a fine mese. Chi, come me, rischia di arrivare ad aprile con le allucinazioni.
E, non lo nego, quando sento alcuni politici cercare di essere comprensivi e di ribadire quanto sia necessario il sacrificio momentaneo mi viene da prenderli a sberle. Non perché abbiano torto, anzi, ma perché ho la netta impressione che troppi di noi sono già o verranno presto lasciati soli. E quando è così, quella faccia comprensiva irrita invece che scaldare.
La verità, innegabile, è che tutti dobbiamo cercare di fare il possibile per fermare quello che sta accadendo. La sua accessoria è che tutti stiamo pagando un prezzo materiale, morale ed emotivo che rischia di essere sottovalutato da chi decide di piazzarsi sopra un piedistallo.
Siamo in un limbo. In Lombardia, in Italia e pian piano nel mondo. Cosa possiamo fare? Cercare di stare in casa il più possibile. Fare acquisti on line e, se si va in luoghi fisici, mantenere distanza e norme igieniche. Lavorare, se possibile, senza dubbio: non solo per motivi finanziari e pratici, ma anche per tenere attiva la mente. Trovare hobbies da fare durante il tempo non lavorativo in casa. Far sentire il nostro amore alle persone care, siano esse vicine o lontane. Sia perché l’isolamento si combatte col calore, sia perché dobbiamo ricordarci sempre della nostra mortalità. Premiare chi si sta dimostrando responsabile e punire chi si sta rivelando dannoso. L’ho detto ovunque e lo ribadisco qui: Il Post è stato l’unico giornale a comportarsi eticamente fin dall’inizio e sabato lo ha dimostrato ulteriormente. Meritano sostegno.
Io cercherò di fare del mio. Continuerò a registrare Polo Nerd con Giuseppe, dato che per fortuna possiamo. Continueranno a uscire episodi che, magari, vi faranno compagnia. Non escludo di scrivere un po’ più spesso qui, anche solo per sfogo. Vedremo.
Siamo dentro questa cosa insieme. Cerchiamo di stare uniti. Per favore.