The Mandalorian: 1×01 Chapter One

Se volessimo fare una classifica delle serie col maggior hype di questo 2019 in fase di chiusura, sicuramente The Mandalorian si troverebbe nella top 10 se non addirittura sul podio. Prima produzione originale Disney+, uscita il giorno stesso dell’avvio del servizio, somma a questa già non indifferente responsabilità anche quella – probabilmente ancora maggiore – di essere la prima serie live action mai prodotta nel franchise di Star Wars, con tutti gli onori e gli oneri che ne derivano.

È innegabile che la saga cinematografica creata da George Lucas abbia vissuto nei decenni varie fasi più o meno felici. I fan di lunga data come chi scrive hanno una passione che si avvicina – e a volte supera – la venerazione per la trilogia originale e spesso un rifiuto quasi paragonabile verso la seconda trilogia, quella dei prequel che invece è spesso amata dai più giovani. Il passaggio a Disney ha comportato un enorme ampliamento del franchise, una trilogia nuova di zecca in fase di conclusione e alcuni passi falsi che hanno rischiato la saturazione degli appassionati e richiesto una correzione di rotta in corso d’opera.

In tutto questo si inserisce, appunto, The Mandalorian, con lo scopo dichiarato di ampliare l’universo canonico abbandonando del tutto la saga degli Skywalker e narrando storie parallele e in linea di massima slegate e autonome. Se da un punto di vista tale scelta è oggettivamente rischiosa (ricordiamo che solo Star Wars Rebels si è mossa in precedenza in tale direzione e aveva dalla sua aspettative molto più basse), dall’altra è anche l’unica strada percorribile se davvero si vuole raccontare qualcosa di totalmente nuovo con punti di vista freschi e narrazioni differenti, senza contare la possibilità di creare storie senza il rischio che qualche fan si infuri perché non rispettano il personaggio per come lui lo immagina.

L’universo di Guerre Stellari, fortunatamente, si presta enormemente a questo ti ampliamento: i suoi confini sono tanto ampi da non essere mai stati definiti a sufficienza e le potenzialità narrative date da migliaia di pianeti e ambientazioni sono pressoché infinite; un patrimonio a cui attingere se fatto da bravi sceneggiatori che siano anche adeguatamente appassionati: in una vecchia guida al Master di un gioco di ruolo di Star Wars si diceva che non c’è genere che non si possa applicare a questo universo, volendo, e noi ci troviamo perfettamente d’accordo.

E, con noi, sono indubbiamente d’accordo anche Dave Filoni e Jon Favreau che già dal primo capitolo degli otto di cui la serie è composta danno un taglio nuovo che, al contempo, ricorda piacevolmente il sapore dei film della trilogia classica, in particolare di Una Nuova Speranza. Il genere che più ci viene alla mente è il western, complice un protagonista che sembra tagliato su misura su tali canoni e un’ambientazione che, col suo sporco costante e le mille creature in circolazione, ha quel sapore di passato futuristico di cui sentivamo fortemente la mancanza.

Senza addentrarci nella trama per non fare torto a nessuno che ancora debba affrontare la visione, possiamo anticipare che molti sono gli aspetti che colpiscono di questi trentotto minuti. In primis la scelta di adottare un buon numero di effetti speciali fisici, lasciando la CGI relegata allo stretto necessario: le tante creature che incrociamo, siano esse alieni umanoidi, animali già incontrati in passato o nuove di zecca, sono reali prima ancora che realistiche e non si ha mai la sensazione di estraniamento e finzione che avevamo avuto in certe produzioni passate (ogni riferimento ai prequel è completamente voluto). Siamo in un mondo vivo, vibrante, avvolgente e si percepisce tutto.

A seguire piace il ritmo narrativo che non spreca i minuti a disposizione perdendosi in lunghe spiegazioni ma lascia che il personaggio e lo svolgimento parlino da soli, lasciando dei brevissimi (e, questo sì, non del tutto intelleggibili) flashback a integrare ove necessario.

I dialoghi funzionano e il protagonista è sicuramente più loquace di quanto i trailer lasciassero a vedere, permettendo così di ovviare alla mancanza di mimica facciale coi toni di voce e, ovviamente, la recitazione corporea: Pedro Pascal esce benissimo da questa prima prova, restituendo un personaggio credibile, in linea con ciò che sappiamo dei Mandaloriani e che non si toglie la possibilità di momenti ironici che, però, fortunatamente non cadono mai nello slapstick che ancora non perdoniamo del passato (sì, stiamo parlando anche e soprattutto di Jar Jar Binks).

Nell’insieme, la serie non ha il sapore di una produzione minore quale troppe volte è accaduto – per fare un esempio – con le stagioni recenti di Agents of Shield, bensì di un nuovo tassello narrativo che nulla da invidiare ha ai prodotti cinematografici e che, anzi, potenzialmente potrebbe superarne alcuni: la produzione, la fotografia, il comparto sonoro, la stessa scrittura sono a livelli cinematografici – se vogliamo usare un termine desueto di quando le serie costavano poco – o, per essere più corretti, ai livelli di una megaproduzione quale ci si aspettava da Disney.

È presto invece per poter dare pareri sulla storia: ci sono premesse estremamente interessanti, date sia dalla collocazione temporale ancora inesplorata (siamo 5 anni dopo la conclusione del Ritorno dello Jedi) sia dai semi che già in questo primo capitolo stanno venendo seminati, uno dei quali ha fatto urlare di entusiasmo la parte della redazione appassionata del franchise. Chi scrive non nasconde, comunque, la speranza di vedere comparire prima o poi un’altra Mandaloriana: la Sabine Wren che chi ha guardato Rebels ha imparato ad amare.

Le premesse, insomma, ci sono tutte e l’impressione è di essere tornati a casa e, contemporaneamente, di stare facendo passi in un mondo molto più grande. Se questo è ciò che dobbiamo aspettarci dalle produzioni Disney+, l’attesa per le serie MCU diventa ancora più spasmodica.

I have spoken

Nota: di The Mandalorian, di Star Wars e de L’ascesa di Skywalker si parlerà negli episodi del nostro podcast Polo Nerd che saranno on line il 9 e il 23 dicembre.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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