Di ferie, scrittura e presupposti

Stavo per scrivere questo post su Facebook, poi mi sono detto che il mio luogo è questo e che tanto vale scriverlo qui. (Ennesima notizia non richiesta, lo so).

Sono in ferie, finalmente. Vero, sono stato a londra dieci giorni fa, ma Londrà è gioia, bellezza, vita, ma di sicuro non riposo: forse riuscirei a riposarmi mi fermassi due o tre settimane e mi obbligassi a ritagliarmi una o due mezze giornate di fermo, altrimenti è un tour de force. Amatissimo e indispensabile, ma tour de force.

Comunque.

Sono in ferie. Per sedici giorni. Nonostante qualcuno abbia provato a farmi sentire in colpa perché lui non si è organizzato e io avrei dovuto essere disponibile nel caso di problemi. Ovviamente senza proporre di pagare extra. Sorry, ma no. E no, neanche sorry, ma giusto per mantenere la facciata.

Arrivo a queste ferie esausto, mentalmente più che fisicamente, anche se comunque il fuoco di Sant’Antonio di un mesetto fa qualche indicazione me l’ha data e ho deciso che forse ascoltarlo sarebbe stata una buona idea.

Arrivo a queste ferie in modo strano. Con dei giorni a volte pieni, altre meno,con cambiamenti grossi, anche con un testamento scritto ieri. No, non ho intenzione né previsione che risulti necessario a breve, ma ora è di nuovo il caso ci sia. Per cui ho provveduto.

E arrivo a queste ferie con una sola promessa fattami: non ci sono altre priorità se non cercare di finire il romanzo. Non in modo definitivo, ovviamente: l’editing sarà lungo. Non quanto la scrittura, ma comunque ci vorrà un po’ di tempo. No, sto parlando della prima stesura. O meglio, della prima stesura dell’ultima parte, perché le prime tre hanno già avuto diversi trattamenti. La quarta no. Ma ora devo finirla.

E mentre oggi dedicavo il primo giorno, ho avuto modo di rivivere delle scoperte fatte nel tempo, ma soprattutto di recente.
Ci sono momenti in cui mi sembra di non riuscire ad andare avanti, di essere bloccato. Quest’estate ho capito che, in questi casi, cambiare prospettiva è fondamentale. A volte si tratta di non focalizzarsi su un momento preciso, altri è un segnale che qualcosa scritto prima non funziona e va sistemato, anche se consciamente non ricordo cosa. Oggi è andata esattamente così. Era una settima che, dopo aver scritto un paio di migliaia di parole, mi sembrava di rischiare di nuovo il blocco. Ero in un punto in cui avevo idea di cosa doveva succedere, ma ogni modo per arrivarci non sembrava funzionare. Era sbagliato. Così ho ripreso in mano un capitolo precedente (sto lavorando al 39, ho ripreso il 37) e l’ho modificato in almeno un terzo, tagliando cose, aggiungendone altre e soprattutto definendo gli sviluppi in modo diversi. E tutto ora sembra meglio. Non sono avanzato di un carattere rispetto al punto in cui ero una settimana fa, ma la sensazione è di essere più vicino alla fine, perché ora probabilmente riuscirò ad avanzare.

E non so, forse una cosa del genere può applicarsi anche altrove. Forse a volte non riusciamo ad avanzare perché il punto in cui siamo è solo apparentemente giusto. Forse si base su presupposti sbagliati e finché non sistemiamo quelli non riusciremo ad andare avanti sul serio se non con il triplo della fatica, sempre ci si riesca.

O forse sono solo mie seghe mentali dopo tre ore di scrittura.

Forse.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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