Un anno dopo
È così banale dirlo, ma in parte sembra ieri e in parte una vita.
Tra poche ore sarà un anno che non ci sei più, un anno che eri in braccio a me, che hai miagolato un’ultima volta e te ne sei andato.
Hai lottato per mesi, eri il mio torello, ma a un certo punto anche tu hai dovuto cedere.
E mi manchi, fratellino, mi manchi ogni giorno. Mi manca prenderti in giro o arrabbiarmi per il tuo essere misantropo, mi manca sentire il tuo peso tra le gambe la mattina, mi manca la tua miagolata lieve in confronto a quella di Stitch, il tuo farti grattare la pancia sempre e solo quando ti andava, il tuo andare in giro a coda dritta quasi costantemente.
Dovrei elencare nove anni di istanti per dire tutto ciò che mi manca di te, da quando ti arrampicasti sull’albero di natale a quando sparisti perché non ti fidavi della cat-sitter.
Sei stato il primo gatto che abbia avuto dalla sua nascita alla fine, sei stato il primo che ho imboccato, pulito, per cui ho tarato gli orari della giornata per poterlo curare.
Non eri coccolone eppure ogni tua vicinanza era dimostrazione di affetto paragonabile ad altre ben più evidenti: perché esserci, per te, voleva dire fidarti e fidarti, per te, era un dono enorme.
Eri bello.
Imbarazzentemente bello.
Anche quando eri più tondo eri di una bellezza invidiabile.
Il “gatto di rappresentanza”, ti chiamavo, se ti fossi fatto vedere dagli estranei.
Un anno.
Come fa a essere già passato un anno?
Dovevamo trascorrerne ancora tanti insieme. Dovevamo. Dovevi rimanere. Dovevi.
Un anno.
Mi manchi, fratellino.
Mi manchi veramente tanto.