Perché serve ancora, secondo me.

Non pensavo di scrivere questo post, oggi, ma vorrà dire che ne scriverò due.

Per come la vedo io, ci sono due tipi di feste: la prima, la più comune, è la festa di celebrazione, dove si celebra, appunto, un anniversario, una ricorrenza, qualcosa di esistente, fosse anche solo una data religiosa. La maggior parte delle feste riconosciute sono tali, in modo più o meno importante: Natale, ovviamente. Pasqua. Ferragosto. La festa della repubblica. Ma anche feste in cui comunque non si lavora, come la festa del papà, quella della mamma, eccetera.

Poi ci sono feste diverse, quelle che dovrebbero servire a ricordare che ci sono ancora lotte da fare, quelle che dovrebbero fungere da promemoria, con la loro esistenza, che le cose non sono ancora giuste.

Per come la vedo io la Festa della Donna è una di queste. Non dico che venga vissuta da tutti e tutte così, ma così dovrebbe esserlo.

Perché, diciamocelo, è verissimo che non dovrebbe essercene bisogno. È indiscutibile che le donne vadano rispettate tutti i giorni. Sono tautologie.

Ma il mondo non è fatto di ciò che vorremmo che fosse e non si cambia coi dovrebbe: è un dato di fatto che non è così.

Violenza, differenze reddituali, slut-shaming, discriminazione, sono reali e sono qui fuori: non (solo) in paesi lontani, non (solo) in paesi arretrati, ma fuori dalla nostra porta.

Finché ci saranno uomini convinti che il cat-calling siano complimenti.

Finché ci saranno uomini e donne che diranno che la vittima di uno stupro se l’è cercata.

Finché ci saranno uomini e donne che daranno della troia a un’altra donna sentendosi in diritto di giudicarne la morale.

Finché ci saranno frasi come “ti picchia perché ti vuole troppo bene”.

Finché ci saranno differenze di stipendio dovute esclusivamente al sesso.

Finché ci saranno donne costretta a cambiare lavoro per non subire molestie e che, nel contempo, verranno considerate “esagerate”.

Finché ci saranno donne valutate esclusivamente per l’aspetto fisico.

Finché ci saranno pubblicità che parlando di metterla a 90 gradi mentre parlano di vernici.

Finché NO non significherà sempre e soltanto NO, invece che “NO ma in realtà è sì, ma te la vuol far sudare”.

Finché ci saranno donne che si suicidano per la vergogna che altri hanno fatto provare loro.

Finché esisterà l’infibulazione.

Finché ci sarà tutto questo, una festa di denuncia servirà esattamente come serviranno i Pride almeno finché i gay di tutto il mondo non avranno eguali diritti.

Dopo potranno diventare feste di celebrazione.

Vero, molti le scambiano, chi in buona fede, chi in totale malafede: c’è chi le svuota del loro significato più importante e chi pensa che l’esistenza stessa di una festa sia sbagliata in quanto causa del problema. State invertendo causa ed effetto: le cause sono qui sopra, l’effetto è che un giorno del genere continui a servire.

E alle donne che pensano non serva più: sono felice per voi; non lo dico con sarcasmo, lo sono davvero, perché vuol dire che sulla vostra pelle non ci sono i problemi di cui sopra. Ma intorno a voi le cose sono diverse e questo, purtroppo, è ciò che conta.

Attendo con ansia il giorno in cui non servirà più, quello in cui davvero una data del genere sia assimilabile alla festa del papà o a san valentino, ma quel giorno, purtroppo, non è ancora arrivato. 

E siamo nel 2017.

PS: sì, ok, ci sono feste che sono sia di celebrazione che di denuncia, o almeno io vedo così il 25 aprile e il 1 maggio. Ma il concetto non cambia.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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