338. Guardando in basso
Metropolitana.
Un anziano seduto guarda davanti a sé.
Io lo noto appena, sono due file di sedili a distanza, ho musica nelle orecchie, leggo, cerco di estraniarmi dai pensieri.
A un certo punto sento urlare: un tizio, seduto davanti all’anziano, che non riesco a vedere perché coperto da altri passeggeri, gli urla di smettere di fissarlo, di togliersi, di andarsene via e parecchie altre cose.
L’anziano prova a rispondere, ma il tizio è chiaramente non del tutto in sé.
Dopo un po’ di silenzio, ricomincia a urlare.
A quel punto un uomo nella fila di poltrone accanto alla mia si alza, lo raggiunge e lo mette in riga: gli urla di smetterla, di non permettersi, di fare silenzio e che se non la smette subito contatterà immediatamente i suoi ex-colleghi (dice di essere un ex-poliziotto).
L’uomo è imponente, più grosso e più alto di me e il tizio, come ogni vigliacco che si rispetti, inizia a mugugnare e la smette.
L’uomo in piedi, si volta a quel punto verso il vagone e parla rivolgendosi e tutti.
“Voi tutti zitti, vero? Tutti conigli, con la testa abbassata. È sempre così, bravi, bravi davvero!”.
Ha ragione.
Senza se e senza ma, ha ragione.
Si possono trovare mille scuse, si può dire che non sai mai cosa ti può succedere se intervieni, che uno del genere sarebbe meglio lasciarlo stare perché non sai come potrebbe reagire, qualunque cosa.
Ma la verità è che si tratta di pura e semplice codardia, dell’incapacità di superare i propri timori in nome di un’umanità sempre più rara e sempre più diluita.
Quell’uomo, quell’anziano, stava venendo insultato, poteva anche rischiare di più, ma nessuno, me incluso, tranne una persona si è alzato per difenderlo: si potrebbe obiettare che la persona che l’ha aiutato fosse alta, grossa, sicura di sé, si potrebbe anche pensare che ok, per gli insulti non si è intervenuti, ma se la cosa fosse precipitata allora…
Nient’altro che scuse.
Scuse per non essere preso dentro.
Per non rischiare.
Per non farsi male.
Perché pensiamo che la nostra vita è già sufficientemente incasinata così, salvo poi lamentarci per l’indifferenza altrui, per il non intervenire quando noi abbiamo bisogno, per ogni momenti di menefreghismo di cui siamo circondati.
La verità è che la differenza non la fa l’avere paura o meno, la differenza la fa saper fare la cosa giusta nonostante la paura.
La verità è che io, oggi, ho visto scontrarsi ciò che mi piace pensare di me con ciò che effettivamente sono stato in grado di fare: non importa come io stia, non importano i mille pensieri, non importa nulla di tutto ciò.
La verità è soltanto che io, oggi, mi sono vergognato di me.
nonn essere così duro con te stesso, forse la persona che ha reagito ha metabolizzato prima quello che stava succedendo ed ha avuto la reazione prima di tutti
Forse. Ma preferisco mettermi in dubbio piuttosto che essere veloce ad asssolvermi.