112. E allora, Mambo?

Non sono certo un esperto d’arte.

Se vogliamo dirla tutta penso di capire d’arte quanto i miei felini conoscono la parola dieta.

Però sono curioso, affascinato e amo imparare.

Per questo motivo amo girare per musei e penso di averne visitati parecchi, sia classici che moderni.

La pinacoteca di Brera, il Metropolitan, il Moma, il British Museum, le due Tate, il Louvre, il Musée d’Orsay sono i primi che mi vengono in mente e sicuramente ne scordo.

In ognuno ho trovato cose che mi hanno rapito e cose che mi hanno lasciato quanto meno perplesso.

E in ognuno ho potuto scattare foto, tenerle per me, condividerle sui social, sia come ricordo personale che come bel modo non solo per condividere l’esperienza ma anche, ne sono convinto, per far venire voglia di vedere opere e musei a chi, magari, non li conosce a sufficienza.

 

Fino a oggi.

Oggi siamo stati al Mambo, ovvero il Museo d’arte moderna di Bologna, per vedere una mostra di Li Songsong e, già che c’eravamo, visitare la permanente.

 

Entriamo, compriamo i biglietti e ci dirigiamo verso la sala della mostra.

Il sorvegliante della sala, appena ci vede, ci si avvicina.

– Avete intenzione di fare foto?

Veniamo colti un po’ alla sprovvista, quasi come se ci dovessimo sentire colpevoli di una cosa che non abbiamo ancora fatto.

Ci guardiamo spiazzati e rispondo.

– Beh, se è possibile, magari sì.

– Ah, allora dovete tornare alla biglietteria, perché devono darvi il tagliando che vi autorizza.

Prima volta che ci capita ma, va beh, torniamo in biglietteria.

– Ah, volete far foto, voi?

E ci chiediamo, mentre annuiamo, se sia una pratica così assurda (e, aggiungerei, perché non ci sia stato chiesto prima).

– E chi di voi due vuole farle?

Di nuovo sguardi inquieti tra noi, inizio a cercare di capire se c’è qualche telecamera nascosta.

– Potenzialmente tutti e due, direi.

– Allora compilate entrambi il modulo.

E ci vengono porti due moduli di raccolta dati in cui sostanzialmente dichiariamo di voler far foto per solo uso privato e ci impegnamo a non divulgarle. Per di più l’autorizzazione non è richiesta solo per la mostra temporanea, ma per l’intero museo.

Il “non divulgarle” mi fa sorgere un dubbio e domando.

– Ma quindi neanche sui social? – sperando di venire contraddetto.

Il cassiere mi guarda compiaciuto e sorride.

– Sì, esattamente!

 

Quindi, ricapitolando, il Museo d’arte moderna di Bologna che, diciamocelo, non è il Moma, non è la Tate, non è la Pinacoteca di Brera e, mi conferma Miss Sauron, non è neanche il Museo d’arte moderna di Istanbul, ritiene necessario e, probabilmente, furbo costringere i visitatori non solo a chiedere l’autorizzazione a fare foto ma anche e soprattutto a non condividerle sui social.

Ovvero vogliono che nessuno faccia loro pubblicità gratuita.

D’altronde immagino che chiunque mi legga sappia benissimo non solo che esiste il Mambo ma conosca a menadito anche tutte le opere in esso contenute e non ci sia alcun bisogno di divulgarle, giusto?

Per fare un paragone, la mostra di Escher, sempre qui a Bologna, esortava a far foto e consigliava l’hashtag da utilizzare.

La mostra di McCurry pure.

E nessuno dei musei citati ha mai lontanamente vietato di far foto (solo il flash, ovvio, o solo alcune rare mostre per esigenze particolari).

Non c’è scusante, non c’è motivo valido per una cosa del genere: far foto di un dipinto di sei metri per due non equivale certo a riprodurlo e a duplicarlo, soprattutto se scattate con un cellulare.

Al contrario, ripeto, potrebbe spingere chi non sa della sua esistenza a fare un salto a Bologna a vedere la mostra o la permamente.

 

Ma no.

Non si può.

Meglio proteggere da non si sa cosa e corazzarsi in uno snobismo intellettuale che non fa bene a nessuno.

E se questo non è un modo di allontanare potenziali visitatori, allora non so cos’è.

 

PS: comunque la mostra di Li Songsong è carina e merita. La permanente? Ecco, diciamo che non sono molto spinto a tornarci. Ma forse è per questo che non vogliono foto. Così almeno una volta ci si va.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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4 risposte

  1. La Strega ha detto:

    Ma che sonora cavolata!
    Come se vedere la foto su twitter di un’opera potesse eguagliare l’esperienza di osservarla dal vivo… vorrei dire che non capira da nessun’altra parte in Italia, ma, tolta la faccenda del modulo, sappiamo entrambi che non é cosí….

  2. Mìgola ha detto:

    Buona l’ultima che hai detto. 😉

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