268. Chiedere
Ci ho pensato tante volte negli anni, regolarmente, ma ancora non riesco a spiegarmelo.
Quando chiedere “come va?” o “come stai?” sono diventati sinonimo di essere invadenti?
Tante volte ho sentito qualcuno dire “volevo chiedere, ma mi sembrava di impicciarmi” e se alcune di queste volte poteva essere una scusa, sono certo che diverse altre la frase fosse sincera.
Quando è capitato?
Quando interessarci di qualcun altro è diventato essere impiccioni?
Non parlo di pettegolezzi, non parlo di insistenza, non mi riferisco al non arrendersi dopo essere stati legittimamente “ridirezionati”.
Parlo della naturale domanda che ci dovrebbe rendere umani ed empatici.
Come stai?
Come va?
Come te la cavi?
Ce la stai facendo?
Addirittura (ma qui è opzionale, mi rendo conto non possa e non debba essere sempre fatto) “posso fare qualcosa?”.
Non è detto, ovvio, che queste domande ricevano risposta, ma questo non significa che sia sbagliato farle.
Davvero, non capisco.
Negli ultimi mesi mi è capitato di chiedere come stessero diverse persone che avevo intuito o saputo avessero qualche problema più o meno serio.
L'ho domandato.
“Come stai?”.
Qualcuno (la minoranza) ha legittimamente glissato: non me la sono presa, è normale non sentirsi di rispondere, ma non ho percepito (e spero di non sbagliare) ostilità relativa a un ipotetico essermi impicciato.
Altri non solo hanno risposto, ma mi hanno ringraziato, quasi stupiti.
“Grazie di avermelo chiesto”.
Così come faccio io.
“Grazie di aver chiesto”.
Perché chiedere “come stai” vuol dire interessarsi per qualche istante all'altra persona, vuol dire darle la possibilità di un contatto morale che a volte è quanto di più necessario.
E no, attendere che lo dica lei non è affatto la stessa cosa.
E non importa neanche che ci siano altre persone, più vicine, che magari già si informano.
L'empatia, l'appoggio morale si accumulano, si sommano o addirittura si moltiplicano.
Non domandarlo per scrupolo di non disturbare, per quanto mosso da una motivazione più che rispettabile, porta a un solo risultato: la distanza, la solitudine, l'isolamento.
Sono solo due parole, ma possono essere qualcosa di prezioso.
Non sempre, però.
Devono essere sincere.
Domandarlo tanto per fare è ben più dannoso che non domandarlo perché non si vuole disturbare.
Se siete interessati, anche solo per calore umano, chiedete, ma fatelo solo se siete disposti ad ascoltare la risposta, altrimenti lasciate perdere.
Perché, sapete, può essere che qualcuno non risponda: ma qualcuno potrebbe farlo ed essere molto sincero e sarebbe svilente sentire che non ve ne frega una fava.
Ma, in contraltare, sentirselo chiedere, rispondere e vedere che l'altra persona ascolta ed è partecipe, beh, può davvero fare la differenza.
Non materiale, forse, ma morale.
Chiedetelo.
Se vi interessa, chiedetelo.
Non abbiate paura.
Sono ben altri gli scrupoli da farsi.
“Come stai?”
“Grazie di avermelo chiesto”.