267. Il porto proibito
Non capita spesso che compri fumetti di cui non ho sentito parlare. Qualche libro sì, soprattutto se l'argomento o l'autore mi ispirano, ma sui fumetti vado molto più coi piedi di piombo.
Mi è capitato, però, qualche tempo fa di girare in libreria e vedere un volume che sembrava un vecchio libro di avventure che occhieggiava da uno scaffale: l'ho preso in mano, l'ho sfogliato e sono rimasto colpito dal tratto così semplice eppure d'effetto che lo caratterizzava; la curiosità era tanta, ma poi il fatto di non averne sentito parlare e che gli autori fossero italiani (ok, lo ammetto, su certe cose ho qualche preconcetto) me l'avevano fatto posare.
Però l'attenzione era ormai conquistata e a ogni giro in libreria l'occhio finiva per cercarlo, sfogliarlo, ammirarne i disegni e la carta liscia anche se non lucida, quasi come Bastian davanti alla Storia Infinita.
Alla fine, la scorsa settimana, complice un buono regalo e la fiducia che ho nella casa editrice che l'ha pubblicato, quel volume, il Porto Proibito, è entrato in casa.
Ieri sera, con l'umore non esattamente alle stelle e la voglia di viaggiare con la fantasia, ho deciso fosse giunto il momento di leggerlo e, beh, posso dire che poche ore dopo lo chiudevo con qualche brivido lunga la schiena.
Il Porto Proibito è esattamente ciò che la sua edizione promette: un libro di avventure con sfondo marinaresco che non sfigurerebbe accanto a qualcosa di Stevenson. La storia narrata, quella di un giovane mozzo trovato morente su una spiaggia senza memoria e con tante abitlità, è perfetta nei tempi e nello svolgimento, con l'unico difetto che alcuni momenti che dovrebbero essere “a sorpresa” sono forse un po' prevedibili: un peccato veniale, in questo caso, che nulla toglie al sapore di ciò che si sta leggendo.
Perché non è solo la storia, intesa come sceneggiatura, a colpire, bensì l'abilità di Teresa Radice (ai testi) e Stefano Turconi (ai disegni) di evocare immagini, ambientazioni, odori, profumi, situazioni: le vere canzoni dei marinai usate direttamente nel testo (i Sea Shanties), i passi riportati da Wordsworth, Coleridge, Blake, Shakespeare, creano un affresco che definire completo e avvolgente è, probabilmente, eufemistico.
Gli stessi autori hanno voluto, in appendice, non solo riportare tutte le opere che hanno citato, ma scrivere la musica che li ha accompagnati mentre lo creavano, fornendo sostanzialmente una vera e propria colonna sonora per la lettura, che penso finirò per procurarmi per provare l'esperienza di un secondo viaggio col sottofondo di chi ha partorito questa piccola grande creatura.
Per quanto riguarda i personaggi si può dire tranquillamente che, sebbene non sempre e non del tutto tridimensionail, si discostano da alcuni cliché finendo per essere gradevoli e, a volte, anche sorprendenti;
Il porto proibito è una storia, sì, di avventure, ma anche di seconde possibilità, di giustizia, di rimpianti, rimorsi, addii e di amore.
Ma non solo (e non principalmente) l'amore romantico e un po' banale: qui si parla di un amore più vero, quello tra persone che non pensavano di meritarlo, quello tra chi sparisce prima del tempo e chi rimane, tra chi avrebbe voluto dimostrarlo ma non ha fatto in tempo, quello tra chi non c'è più e chi ne onora la memoria anche quando tutto rema contro.
Come scrivevo ho chiuso il volume con qualche brivido lungo la schiena e l'impressione di aver ricevuto un dono in un momento in cui, sicuramente, ne avevo bisogno.
Il consiglio è di leggerlo, di scoprire il segreto del piccolo Abel, di conoscere le figlie del capitano Stevenson, ma anche Rebecca, Nathan.
Sorriderete in qualche momento, forse vi commuoverete in altri, probabilmente, alla fine, vi chiederete come proseguiranno le vite dei protagonisti.
Come nelle storie più belle.
Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più là dov'erano, ma dovunque noi siamo