226. To share or not to share

Oggi ho scritto su Facebook e Twitter questo breve aggiornamento:

Protettivo con tutto ciò che amo. Luoghi, libri, musica, film, telefilm, persone. Col fastidio che altri non li apprezzino a dovere.

Si tratta di un qualcosa che faccio fatica a spiegare meglio.

Quando amo davvero qualcosa, per me diventa in qualche modo sacro, parte più o meno integrante di ciò che sono, da curare e amare: quando questo amore entra in contatto con altri, il rischio che non venga vissuto allo stesso modo è quasi una certezza.

D'altronde un conto è essere più persone appassionate di qualcosa, ma qui si parla di un aspetto più personale: un libro fondamentale, un luogo del cuore, una persona con la quale si è amici e non si hanno amici in comune.

Ecco, i rischi in questi casi diventano due: uno è che, semplicemente, chi ci entri in contatto si lasci andare in un “tutto qui?” detto o esplicitamente mostrato. L'altro è che venga apprezzato ma, passatemi il termine, non abbastanza.

Se vedo un contatto che va a New York e so che la ama quanto me se non di più, non sono infastidito, sono al massimo invidioso; ma se ci va qualcuno che neanche si rende conto di quante cose diverse dal “comune” ci potrebbe fare, qualcuno che addirittura, poi, tornando finisce per dire “carina, sì, ma non mi ha entusiasmato”, ecco che in me scatta il senso del “dare perle ai porci”, dello spreco di un viaggio a New York per qualcuno che non era in grado di apprezzarla.

Ho fatto l'esempio di New York, ma vale per quasi ogni altro ambito.

Libri dell'anima che qualcuno smonta con poche parole.

Film del cuore che, sì, piacciono ma neanche tanto.

O ancora qualcuno che si infila in un rapporto con altre persone come se l'amicizia potesse avere una proprietà transitiva.

Ecco, in tutti questi casi divento protettivo e finisco per infastidirmi pesantemente.

E, attenzione, so perfettamente che potremmo parlare del sempre valido “de gustibus” così come del fatto che condividere è arricchirsi a vicenda: vero, verissimo, perfettamente reale, io stesso sono il primo a cercare di diffondere cose che mi piacciono.

Ma quando si parla di qualcosa di tanto amato, allora il discorso si fa diverso e non è più il cervello a parlare, ma il cuore. L'anima.

La parte di me che vuole curare i propri tesori.

Coltivarli.

Viverli.

La parte che sa che, a lungo andare, se maneggiati da mani incuranti, quei tesori possono smettere di brillare.

E in quel caso l'unico veramente defraudato sarei solo io.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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