214. A tradimento
Non so quando sia stato.
Forse ieri, forse due giorni fa.
Si è concentrato nel tempo di un battere di ciglia.
Non ricordo cosa fosse successo, ma questo sì, il pensiero, immediato, fulminante, venuto dal nulla: ora chiamo babbo e glielo racconto.
È durato un istante, perché ogni risveglio dura sempre solo un istante nonostante sembri eterno, ma quell'attimo è una lama nella pancia.
Perché in quel momento ti devi ricordare e quando ricordi, non ricordi solo un fatto, ricordi anche le emozioni collegate.
Per un istante ho scordato (che poi ho davvero scordato? o era semplicemente quell'abitudine che ho dovuto perdere, ma che forse è solo nascosta?) che mio padre e mia madre fossero morti, per cui ho dovuto ricordarmelo.
E sentire il vuoto.
E il freddo.
E la solitudine che solo la mancanza dei genitori può farti sentire.
Anche a quarantun'anni.
Forse a maggior ragione a quarantun'anni.
Era tanto che non succedeva.
Pensavo non sarebbe più successo.
Ma è evidente quello che dico sempre e che dovrei ripetere anche a me stesso.
Non passa.
Non passa mai.
Si impara solo a conviverci.
Un abbraccio enorme per scaldarti un po’.
Più che apprezzato e assolutamente ricambiato. Grazie :*