148. Lettere a Theo

Mi sono accostato a questo libro con molte aspettative, probabilmente troppe.

Premetto di non essere neanche lontanamente un esperto, né di arte né di Van Gogh, ma le sue opere mi piacciono e ho sempre trovato interessante quel poco che sapevo della sua vita privata, tanto da volermi far desiderare di approfondire un po’.

Ho immaginato che leggere le sue lettere al fratello Theo potesse essere un buon modo di avvicinarmi al personaggio, di entrare nella sua testa, nella sua vita e, soprattutto, nel suo cuore.

Sbagliavo, purtroppo, per vari problemi, molti dei quali assolutamente soggettivi e qualcuno forse più oggettivo.

Una buona parte delle lettere è spesso e volentieri concentrata sulle richieste di denaro da parte di Vincent al fratello e sulla periodica comprensione/incomprensione coi genitori o con Theo stesso.

Il carattere burrascoso di Vincent viene fuori in parecchie lettere così come quella che io ho percepito (ma qui potrei sbagliarmi, posso solo trasmettere le mie impressioni) come un periodico ricatto morale nei confronti del fratello: “io non ti chiedo niente, ma sappi che se voglio mangiare ho bisogno di tot, altrimenti finirò per stare molto male”; un ricatto morale che ho trovato diventare veramente intollerabile nel momento in cui il pittore decise di mantenere a sue spese una persona incinta e madre di un altro figlio (entrambi non suoi) e di cui, esplicitamente, aveva deciso di occuparsi per solitudine pur continuando a farsi passare i soldi del fratello che, pur non approvando, continuò a inviarli.

Molte lettere sono incentrate su questo contrasto tra ciò che il pittore riteneva suo dovere morale e suo diritto in quanto uomo e il suo, dall’altra parte, continuare a chiedere denaro per poter studiare e produrre.

Un contrasto che, per fortuna, negli anni sembra venire meno e lì si possono trovare contenuti più interessanti, con un Van Gogh che racconta al fratello ciò che vuole ottenere con le varie tecniche e, soprattutto, che racconta a parole quegli scorci che poi cercherà di rendere su tela e lo trasformeranno nel mito arrivato fino a noi.

Ma, ahimé, anche questa parte non mi ha coinvolto: interessante, certo, ma tecnica, molto tecnica, troppo per qualcuno come me più interessato, in questo caso, all’aspetto umano che a quello artistico.

La parte finale è quella senza dubbio più interessante, tanto che l’ho letta molto più in fretta: si percepisce meglio il dolore per la sua situazione, si intravede la sua speranza di stare meglio e la sua voglia di sdebitarsi col fratello.

Però non è il libro che speravo e non mi ha dato quell’empatia che credevo di poter ottenere.

Penso che, in parte, il problema stia proprio nel tipo di libro: le lettere che scriviamo a qualcuno, soprattutto intimo, contengono spesso i nostri pensieri del momento, i nostri asti, le nostre difficoltà ma, paradossalmente, non raccontano di noi come persone; non i nostri gesti, non i nostri sentimenti quotidiani, non i nostri pensieri ricorrenti.

Sono fotografie e, in quanto tali, possono rendere quel che siamo, abbellirci oppure sminuirci.

L’impressione che ho avuto è che molte di queste lettere avessero l’ultimo effetto, purtroppo: non che manchino spunti interessanti e frasi che possano colpire, ma nell’insieme sono rimasto veramente freddo.

Ragionandoci penso, semplicemente, di non essere il target giusto per un libro come questo che (lo noto vedendo le recensioni su goodreads) ha sicuramente terreno fertile sugli appassionati che abbiano voglia di approfondire e completare, piuttosto che di scoprire partendo quasi da zero.

Peccato.

Aggiungo una nota per la traduzione: il libro contiene diverse citazioni in francese e quel che non capisco è per quale motivo si sia deciso di non tradurle neanche con note a pié di pagina, lasciandole in lingua nel testo; trattandosi di citazioni o frasi che Van Gogh usava per spiegare un punto di vista al fratello, la loro mancata traduzione porta anche all’impossibilità da parte del lettore non francofono di comprenderle in toto.

Una decisione onestamente spiacevole.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. Mìgola ha detto:

    Come dici tu un libro per esperti più che per lettori alla ricerca della persona, un libro in cui molti ricercano particolari specifici per comprendere meglio determinate opere.
    Finalmente sono tornata qui nel mondo blog ma non ho mai smesso di leggerti, immagino tu lo sappia…
    Un abbraccio.

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