56. I tre moschettieri

Come sempre mettermi a scrivere un post legato a un classico mi risulta ostico, se non imbarazzante. Chi, d'altronde, non conosce le creature di Dumas, con tutte le trasposizioni e gli adattamenti che ne sono stati fatti?

Eppure.

Eppure, quando si parla di classici, soprattutto di quelli entrati nell'immaginario collettivo, spesso si fa l'errore di pensare di conoscerli, proprio perché ci sono stati tramandati, rinarrati, riraccontati.

È così, però, che l'originale si perde e le sfumature, le sottotrame, anche i caratteri originali di molti personaggi finiscono per appiattirsi in un'iconografia che non rende loro merito.

Prendete, per esempio, il Frankenstein di Mary Shelley: leggerlo potrebbe stupire buona parte delle persone che pensano di conoscere la creatura del buon dottore; o ancora il Dracula di Stoker: prendetelo in mano e scoprirete che l'iconografia del vampiro per eccellenza è ben lontana dall'immagine tradizionale che ci è arrivata (senza scomodare l'innominabile Meyer).

Quindi, forse, che io parli dei Tre Moschettieri dopo averlo letto per la prima volta a 41 anni non è poi così assurdo.

Da dove partire?

Dallo stile, direi.

Dumas ha letteralmente inventato un genere. Un genere fatto di avventure, azione, eroi, antagonisti, in cui ogni capitolo si chiude con il desideri di scoprire cosa accadrà a seguire.

Lo stile è talmente scorrevole da avere molto da insegnare a tanti pseudo scrittori che ritengono sia una sorta di patentino quello di essere quasi incomprensibili.

No, signori, scrivere è comunicare, è far venire voglia al lettore di continuare a leggere, è vivere la storia coi personaggi e questo il signor Dumas lo sapeva fare meravigliosamente.

Quello che colpisce, poi, è la tridimensionalità dei personaggi.

Personalmente ero abituato a immaginare i tre (e poi quattro) moschettieri come sorte di eroi iconici senza difetti, dalla morale immacolata e indiscutibile: lo sono? Sì e no.

Certo, sono eroi, eroi con una loro morale che rispettano più che se fosse una religione. Ma non sono esenti da difetti, tutt'altro. Giocatori d'azzardo che perdono denaro senza pensarci sopra, ubriaconi, padroni di valletti che vengono trattati non sempre nel modo più delicato possibile, mantenuti, ecc.

Lo stesso D'Artagnan, in certi momenti, istigherebbe l'erogazione di una buona dose di calci nel sedere.

Ma questo li rende umani. Reali. Imperfetti e, proprio per questo, ancora più grandi in ciò che fanno e realizzano.

Ma se i personaggi positivi sono ben scritti, per gli antagonisti bisogna proprio applaudire.

Da Milady, che mai avevo capito quanto fosse importante e subdola nelle varie trasposizioni, al perfetto Richelieu: non un cattivo “gratuito”, non un personaggio esclusivamente negativo, ma uomo politico spregiudicato e pronto a tutto, anche a non consumare vendetta, pur di raggiungere i propri scopi.

E questa è una delle grandezze di questo romanzo: creare dei personaggi realistici, umani, tridimensionali e farceli vivere appieno, farci gioire delle conquiste degli eroi, farci soffrire per le loro perdite, farci godere di certe vendette.

686 pagine che scorrono velocemente, verso la mai troppo ritardata fine.

Per me una scoperta (di cui ero ragionevolmente certo) e la voglia di dedicarmi alle altre opere dell'autore.

Per voi l'esortazione, se non l'avete mai fatto, a imitarmi e riempire questa lacuna.

PS: mi riserbo, poi, di parlare prima o poi di come l'amore sia raccontato in certe opere, qui ma anche in emblemi classici del romanticisimo come Romeo e Giulietta.

 

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. La Strega ha detto:

    Come ben sai, concordo su tutto quello che hai scritto.
    Leggere Dumas è sempre un piacere, perché, oltre alla fluidità dello stile, è in grado di dipingere i sentimenti e le relazioni tra persone con un realismo e una potenza rarissimi.
    In questo libro non è possibile non lasciarci coinvolgere dal sentimento di amicizia che lega i protagonisti (che si lascerebbero prendere a calci nel sedere a turno, eh!), come non è possibile non comprendere almeno per una piccola parte l’astuto Richelieu…
    Milady è un po’ più complicata da amare, ma è indubbiamente un personaggio femminile molto forte e moderno.

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