Di chi pensa di far satira
Non so quanti ne siano al corrente, ma ieri sul web si è consumata una situazione abbastanza incresciosa. Un certo autore ha pubblicato su GQItalia un post che, prendendo spunto da una tragica vicenda (una Pornostar gravemente malmenata da un suo ex, lottatore di professione), cercava di farne la cronaca in tono dissacrante e ironico.
Già, avete capito bene, qualcuno ha pensato fosse una buona idea fare un post dissacrante su una grave violenza ai danni di un essere umano.
Molte persone, me incluso, hanno reagito male.
Male, perché su certe cose bisognerebbe avere la decenza di non scherzare, soprattutto pensando a un target (stiamo parlando del pubblico di GQ) incapace di leggere l’ironia dentro una barzelletta dei Vanzina, figuriamo in un post che vorrebbe rifarsi a Palahniuk ma si avvicina più a un Massimo Boldi in versione splatter.
L’articolo era pessimo. Era di cattivo gusto. Era scritto male. Ed era umiliante nei confronti di una vittima di violenza.
Fatta notare la cosa all’autore su Twitter, il modestissimo personaggio ha ben pensato di prendere per i fondelli tutti coloro che hanno avuto a che ridire, insultandoli neanche tanto velatamente e inneggiando alla sua superiorità intellettiva.
Peccato che a GQ non ci siano stati.
Il post è stato rimosso, l’autore licenziato.
Ora, non sto qui a sindacare sulle decisioni di GQ: sicuramente l’articolo avrebbe dovuto essere bloccato e la persona da licenziare doveva essere l’editor, ma queste sono questioni interne che non mi interessano.
Quel che mi interessa è che oggi il web era diviso. Da una parte chi era contento di quanto accaduto (e, ripeto, non entro nei meriti delle colpe finali, personalmente mi sarebbero bastate le scuse, mai pervenute, dell’autore), dall’altra chi ha gridato allo scandalo, alla censura, ai lettori inetti che non capiscono l’ironia e bla bla bla.
Cerchiamo di capirci.
Il sarcasmo, l’ironia, la battuta a tutti i costi, non sono dovuti, non sono un diritto, non sono soprattutto un dovere. Per fare ironia su certe situazioni bisogna essere in gamba e, soprattutto, bisogna essere capaci di distinguere tra luogo e fuori luogo. Se una donna vittima di violenza ironizza sulla violenza, è legittimata. Se un uomo ironizza sulla violenza sulle donne no. Perché o è veramente bravo ad attaccare esclusivamente il carnefice, oppure il pericolo è che si trasmetta il messaggio opposto.
Chi ha difeso tale articolo, incluso un autore di fumetti piuttosto famoso, ha giocato la carta dell'”ironia dev’essere sempre lecita”, del “era evidente che attaccasse l’aggressore”, del “rileggi, non hai capito” unito però a un “sì, però effettivamente era scritto male”.
Se era scritto male allora NON era evidente che attaccasse l’aggressore. Se era scritto male, allora il pericolo di istigare la violenza invece di demonizzarla era enorme e da non sottovalutare. Se era scritto male non doveva uscire.
Bisogna piantarla con la convinzione che basti dire che è sarcasmo o ironia e tutto sia lecito. E’ tutto lecito, o quasi, se si è dei geni e anche lì bisogna procedere coi piedi di piombo. Se si è degli scribacchini, allora forse è meglio non cedere alla presunzione e avere l’umiltà di capire quando si è pisciato fuori dal vaso.
Dire “rileggi” a qualcuno che ti obietta con ragion veduta ciò che ha letto, vuol dire offenderlo, sminuirlo e non accettare che se una cosa ti sembra evidente, non è detto che lo sia davvero. Così come lo è dire che chiunque abbia reagito lo ha fatto solo per andare dietro a una twitstar. E’ offensivo, falso, sminuente e paragonabile a chi urla “svegliatevi”.
Se scrivo e tanti, troppi, interpretano quel che ho scritto diversamente da quel che intendevo comunicare, il problema non è dei tanti, troppi che non hanno compreso le mie intenzioni, ma del fatto che io quelle intenzioni non le ho sapute esprimere o comunicare.
Troppo comodo ergersi a geni incompresi. Troppo comodo insultare chi ha visto la gravità dell’articolo. Troppo facile dire “rileggi”.
Io ho riletto. Molte volte. E quell’articolo era sbagliato, offensivo e indegno. E, soprattutto, offensivo e indegno ne è stato l’autore durante le reazioni alle critiche.
Meritava il licenziamento? Probabilmente no, dato che sa molto di scaricabarile da parte dell’editore che ha e deve avere funzione di controllo. Andava rimosso con scuse? Assolutamente sì.
Ti fa giustamente arrabbiare perché è sfottò fascistoide, cioè una forma di violenza. La individuò e analizzò Luttazzi: http://www.wumingfoundation.com/pagina_satira_luttazzi.pdf
Esattamente. Tra l’altro ho usato il link che citi come argomentazione aggiuntiva, per cui ti ringrazio di averlo riportato qui.
Ovviamente non è servito, dato che non c’è peggior sordo…