Tirando le fila

Tornando al post precedente, ci sono ancora un po’ di spunti che vorrei approfondire.

Ieri l’autore dell’articolo incriminato, sul suo blog, ha pubblicato la propria versione della storia.
Per la prima volta da quando tutto è iniziato ha usato il buon senso di raccontare invece di sfottere, di dire quali erano le sue intenzioni, di spiegarsi, una scelta che ho apprezzato e che mi sarebbe piaciuto vedere da subito, ma meglio tardi che mai.
Ne approfitto per spiegare ulteriormente il mio punto di vista partendo proprio dalle sue parole.

In particolare, spiega, i suoi toni erano (riporto testualmente)

Per deridere un frustrato con cento chili di complessi d’inferiorità che si mette con una pornodiva e poi la massacra di botte per gelosia, come se uno allergico al glutine andasse a vivere nel Mulino bianco. Per dipingere la scena in modo che si imprimesse nella testa lasciando al lettore un’immagine sgradevole, invece del solito scrollare di mouse annoiato. Chiedermi perché una donna bella come la Mack, che potrebbe avere qualunque uomo o donna del pianeta, scelga un ex carcerato con precedenti di aggressione e violenza. Soprattutto volevo farlo facendo sorridere i lettori controvoglia, invece di fare uno dei tanti “efferata aggressione!!!1!!”

Ed ecco il problema che lui stesso e chi l’ha difeso a spada tratta non ha voluto capire.
Ci sono vari tipi di sessismo e vari tipi di errori che si possono fare.
Quello più evidente è insultare una donna in quanto inferiore et similia, ma non è quello di cui si sta parlando qui e gli illuminati che tanto si sono indignati per l’indignazione altrui non hanno voluto capirlo.

Il problema sta altrove.
Nel momento in cui si sceglie di dipingere una scena di cronaca vera rendendola grottesca, si corre il rischio enorme di svilirla, di sminuirla agli occhi di chi legge, di farne perdere la tragicità.
Pochi possono direi di riuscire a fare il contrario: di solito può farlo la vittima della tragedia o, e ho qualche riserva in merito, un autore VERAMENTE bravo. L’autore in questione non è né l’uno né l’altro.

Voler “far sorridere” su una tragedia è pericolosissimo e funziona solo se hai davanti un target adeguato.
Non dubito che chiunque si sia lasciato andare in lodi senza limite per l’autore ed in insulti (ne ho ricevuti diversi anch’io, anche da persone che ritenevo amiche e più in gamba) abbia capito le intenzioni dell’autore.
Io stesso ho capito le intenzioni dell’autore.
Ma tra intenzioni e risultati corre parecchia strada.
E, mi spiace, il lettore medio di GQ non è quello che sorride amaramente per la tragedia dipinta in quel modo e poi ragiona sul dramma della donna.
Il lettore medio di GQ è quello che o non legge l’articolo oppure ci si fa su una grassa risata e pensa a quanto è stata divertente l’analogia con l’hamburger.
Ora, le cose sono due. L’autore lo sa o non lo sa.
Non voglio insultare la sua intelligenza dicendo che non lo sapesse, dato che sarebbe estremamente grave non rendersi conto del target per cui stai scrivendo, per cui partirò dal presupposto che lo sapesse e lo sappia.
Se sai qual è il tuo target, scrivi di conseguenza, se vuoi ottenere un certo effetto.
Qui sta il sessismo o, se volete, la sottovalutazione di quanto sia grave la situazione là fuori.

Siamo in un paese dove gli apprezzamenti alle donne sono considerati complimenti invece di molestie, in cui se una donna va in giro in minigonna e viene violentata un po’ se l’è cercata: se scrivi un articolo grottesco corri l’ENORME rischio che chi legge si senta in realtà autorizzato invece di vederne la denuncia, proprio perché non si è pronti a leggerlo diversamente.

Qui è stato il grave peccato dell’autore e di chi lo difende.
Grave peccato che è accentuato dal fatto di aver dato dei “forcaioli” (riporto sempre dall’articolo) e degli “ignoranti” (questo è preso da varie reazioni su Twitter) a chi si è ribellato: è bello vivere sul monte fatato in cui si può trasformare in una romanzata grottesca un drammatico fatto di cronaca senza pensare alle conseguenze o pensando che tutti coloro che leggeranno ne capiranno le intenzioni di denuncia; il mondo reale è diverso e chi non lo vuole capire si rende complice.

Come quelli che parlando di raptus in caso di omicidi.

Faccio un ultimo esempio.
Neil Gaiman anni fa scrisse un racconto molto breve e disturbante intitolato “BabyCake” dove, sostanzialmente, si parlava di cannibalismo nei confronti dei bambini.
Era ovviamente un’iperbole e funzionava molto bene allo scopo ma, soprattutto, funzionava bene proprio perché si trattava di un’iperbole, proprio perché era finzione, era un’esagerazione.
Se avesse scritto un articolo su un caso di cannibalismo riguardante bambini e l’avesse scritto negli stessi termini sarebbe stato gravissimo, perché avrebbe sminuito l’importanza di una tragedia.

Sono cose diverse e chi non lo vuole capire non può salire su alcun piedistallo spiegando agli altri come si interpreta la lingua italiana.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. Naturalmente non posso fare altro se non concordare con te, aggiungendo che viviamo anche nel paese in cui, non solo un “apprezzamento” per strada è considerato complimento e non molestia, ma anche in quello in cui una donna tende a abbassare la testa e allungare il passo invece che rispondere per le rime. E’ lo stesso paese, ben inteso, in cui le donne che invece protestano sono frigide e quelli che fanno notare il tono inappropriato di un articolo su un fatto grave o non sanno leggere, oppure vogliono travisarne il senso.

    Per come la vedo io, lo sbaglio più grande dell’autore dell’articolo di cui parli non è l’aver sbagliato il tono – perché sono sicura che fosse pienamente consapevole dell’effetto che le sue parole avrebbero prodotto – ma il sapere che tale tono e tale “inquadratura” dei fatti non sarebbero stati compresi, proprio perché, come dicevi tu, il pubblico non è “pronto”. Sapendo tutto ciò, il signor giornalista ha deciso di fregarsene bellamente e di scrivere il suo articolo proprio così per dimostrare di saperlo fare, per bearsi della sua bravura con la penna/tastiera. E non credo esista errore più grande di questo.

  2. l'ipocrita ha detto:

    – E’ sbagliato.
    – E chi lo dice?
    – Gli altri.
    – E perché dovrebbero aver più ragione di me?

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