La vita di Marty
Marty Feldman è un attore che chiunque appartenga alla mia generazione avrà visto almeno una volta, tipicamente in quel capolavoro comico che è Frankenstein Jr.: oltre a questo, però, molti (me incluso) non saprebbero dire.
Per questo motivo, oltre che per la mia smodata passione per quel film, quando in libreria ho incrociato la sua biografia ho colto al volo l’occasione, sperando di imparare qualcosa in più di quell’uomo tanto riconoscibile.
Quindi diciamo che se il mio scopo fosse stato solo quello di avere nozioni in più sulla vita di un bravo attore, ecco, in tal caso il libro ha funzionato.
Se invece l’interesse è quello di andare oltre i meri dati tecnici, di scoprire qualcosa di più coinvolgente dell’importo dettagliato di ogni contratto sottoscritto da Feldman, di capire meglio il personaggio magari senza sbadigliare o perdersi via con duemila note di documentazione, allora si inizia a fare un po’ acqua.
L’autore ha fatto ricerche.
Tante ricerche.
E ha deciso di far vedere al lettore quanto è stato bravo nel suo compitino, come qualunque ragazzino che ha studiato a memoria.
Tanti, troppi dettagli sui contratti televisivi e radiofonici, dicevo, contrapposti a una scarsa capacità narrativa vera e propria: mancano le sequenze, ci sono salti temporali, non si capisce bene quando si svolgano certe situazioni e, se non fossero indicati gli anni in alcuni momenti, ci si troverebbe in un vero e proprio limbo narrativo.
E non si approfondisce.
Non che l’autore non ci provi, eh? E’ solo che non gli viene proprio bene, quando si tratta di parlare della persona Feldman.
Cerca di far empatizzare, cerca di mostrarne il lato umano, ma non ci riesce. Tutto troppo asettico, tutto troppo distante.
Anche l’argomento della malattia che ne deformò il viso viene quasi solo accennato: eppure un qualcosa del genere ha sicuramente segnato pesantemente l’attore.
Niente: in un capito ha ancora il suo viso di nascita, alla fine del capitolo si accenna alla malattia, in quello dopo si parla già dei suoi occhi peculiari.
Sia chiaro, non è che si chiedano i dettagli morbosi, ma almeno qualche approfondimento su un evento tanto importante.
Poi indubbiamente il libro non è da buttare: conoscere meglio un personaggio come Feldman è sempre interessante e se la bocciatura non è totale è solo grazie al soggetto.
Peccato, però. Il buon Marty (oddio, il buon geniale, ubriacone, iperdipendente Marty, se vogliamo dirla tutta) avrebbe meritato di più.
Da leggere solo se la vostra curiosità supera la potenziale noia dell’esposizione.
….e il Fratello più furbo di Scherlok Holmes mica male come film.
Certo che in Frankestein Jr è indimenticabile.
Sai io sono una dipendentedafilm, paSSesca.
Abbraccio 4p
😀 😀 😀