Senza Sangue
Regalatomi da una buona amica in occasione del mio compleanno, le parole che l’hanno accompagnato sono state “questo libro mi appartiene molto” e sono state sufficienti a fargli saltare la coda di lettura, complice una gita in treno a vapore con diversi tempi morti.
Ora, il significato di quelle parole devo ancora approfondirlo con l’interessata, ma indipendentemente da questo non si può dire che si tratti di un libro che lascia indifferenti.
Dal punto di vista stilistico si tratta del “solito” Baricco: chi lo ama lo apprezzerà parecchio, chi lo detesta continuerà a farlo.
Personalmente tendo ad apprezzarlo molto, ma ho bisogno che oltre ai virtuosismi stilistici ci sia una base di storia, altrimenti mi sento preso per i fondelli.
Ecco, in “Senza sangue” la storia c’è.
Accennata, mai dettagliata, che si svolge tra le righe, in un passato doloroso e fluido, ma c’è eccome ed è tutto tranne che prevedibile.
Nina era una bambina che assistette all’uccisione del padre e del fratello, sopravvivendo loro per fortuna e “buon cuore”: ma il padre non era una vittima e la sua morte voleva essere l’ultimo passo di una catena di violenze e vendette.
Una catena che proseguirà con Nina? O che prenderà una piega diversa, di redenzione?
Si legge in fretta ma lascia il segno.
Consigliato.
“Allora pensò che per quanto la vita sia incomprensibile, probabilmente noi la attraversiamo con l’unico desiderio di ritornare all’inferno che ci ha generati, e di abitarvi al fianco di chi, una volta, da quell’inferno ci ha salvato. Provò a chiedersi da dove venisse quell’assurda fedeltà all’orrore, ma scoprì di non avere risposte.
Capiva solo che nulla è più forte di quell’istinto a tornare dove ci hanno spezzato, e a replicare quell’istante per anni. Solo pensando che ci ci ha salvati una volta lo possa poi fare per sempre. In un lungo inferno identico a quello da cui veniamo. Ma d’improvviso clemente. E senza sangue.”
We’ll talk about it