Tempo fuor di sesto

Quando ero bambino (e più raramente anche dopo) mi capitava a volte di provare una strana, fastidiosa, sensazione.
A un certo punto, all’improvviso, mi sentivo “distaccato” da tutto.
Come se la mia vera vita non fosse quella, come se quella che stavo vivendo fosse una sorta di “recita” e la realtà fosse altrove.
Era una sensazione inquietante, mi spaventava sempre molto e per fortuna durava solo alcuni minuti.
Leggere questo libro di Philip K. Dick mi ha fatto tornare alla mente quei momenti.
E’ il 1957 e Ragle Gumm, un uomo di quasi mezza età, vive in una classica cittadina della provincia americana nella casa della sorella e del cognato.
Una classica famiglia americana anni ’50, non fosse che Ragle si guadagna da vivere in un modo quanto meno insolito: vince giorno per giorno il concorso di una rivista.
Tutti i giorni da anni.
La vita per questa famigliola trascorrerebbe serena, non fosse che Ragle ogni tanto sente che qualcosa non va.
Come se quella non fosse la realtà.
Come se qualcosa fosse fuori posto.
Ma d’altronde Ragle è un reduce di guerra e tutto è spiegabile coi traumi relativi.
O forse no?

Tra i primi romanzi scritti e pubblicati da Dick, si nota anche qui quello che sarà uno dei temi principali della sua carriera: cos’è la realtà? Cos’è la finzione? Quanto sono affidabili le nostre percezioni e quanto lo sono i nostri istinti? Argomenti che, come dicevo, torneranno fuori più volte, fino ad arrivare a capolavori come Ubik.

Tempo fuor di sesto non è un capolavoro. E’ un bel romanzo. E’ intrigante e si legge con voracità. Ma non è un capolavoro.
Gli spunti ci sono, ma alcuni elementi sono tirati via ed altri, proprio, non vengono spiegati né giustificati.
Peccati veniali per molti autori, ma chi è abituato ai romanzi maggiori di Dick li noterà senza dubbio e potrà storcere un po’ il naso.

Ma, ricordiamolo, è Dick e un suo romanzo grezzo vale certo più di romanzi all’apice della carriera di altri.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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