Un castello di carte

Tempo fa mi era stata consigliata una serie dicendomi che era un piccolo grande capolavoro.
Poi, come spesso avviene, la cosa è passata in secondo piano tra le tante cose da vedere e le ancora di più da fare, finché qualche settimana è saltata di nuovo fuori mentre parlavo con la mia Miss Pumpkin di serie da recuperare.
Detto fatto, nel giro di due week-end ci siamo trovati a divorare letteralmente la serie in questione, “House Of Cards” e ad aspettarne con ansia la seconda stagione.

Facciamo qualche premessa.
HOC nasce come serie in due stagioni ordinata da Netflix e uscita in una modalità totalmente inedita: tutti i primi 13 episodi (l’intera prima stagione) sono usciti in contemporanea il 1 febbraio 2013, permettendo a chi volesse di fare la classica maratona telefilmica che tanti di noi amano.

Remake americano dell’omonima serie uscita nel 1990 per BBC (a sua volta basata sul romanzo di Michael Dobbs), House Of Cards racconta le vicende del senatore statunitense Frank Underwood, interpretato da un Kevin Spacey in stato di grazia, che, persa l’occasione di essere nominato Segretario di Stato dal nuovo presidente degli Stati Uniti, decide di perseguire i propri obiettivi a modo suo, manipolando chiunque possa tornargli utile, senza scrupoli di coscienza né dilemmi morali.

Underwood è un uomo ambizioso, paziente, intelligente e lungimirante: non cerca la soddisfazione a breve termine, ma è in grado di imbastire tele anche molto complicate in cui tutti, o quasi, finiscono per recitare la propria parte.
Alcuni ne trarranno a propria volta vantaggi, molti finiranno per essere scartati quando ormai inutili.
Accompagnato da una moglie amorale quanto lui (Robin Wright, anche lei strepitosa in sé e nel ruolo), lo vedremo muoversi tra il suo staff, politici compiacenti, reporter assetate di fama, costolette di agnello, lobby e pescoidi.

Uno degli scorci più interessanti che mi sia capitato di vedere o leggere sulla politica statunitense vista dall’interno.
Non quella eroica.
Non quella dei presidenti senza macchia e senza paura.
Quella vera, uguale in tutto il mondo, sporca allo stesso modo dovunque ci si volti.

Il  primo episodio, a firma di David Fincher, ha tra l’altro vinto quest’anno l’Emmy come miglior regia in una serie drammatica.

Da vedere in attesa della seconda stagione che si spera possa chiudere i tanti punti lasciati volutamente in sospeso alla fine di questa.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. DANIELE ha detto:

    Hai perfettamente ragione. Ho avuto l’occasione di vedere il telefilm in questione qualche mese fa su Sky ed è effettivamente strepitoso. Gli attori sono bravissimi (non solo Spacey, ammirato già da “I soliti sospetti”, ma anche gli altri) e vorrei fare una citazione anche in merito alla musica, assolutamente calzante sin dalla sigla. Non posso che condividere anche la tua osservazione su Robin Wright, semplicemente splendida e alquanto affascinante nonostante il ruolo da “spietata”. La prima serie è attualmente in replica, sempre su Sky, in attesa della nuova serie in programmazione a settembre.
    Invito tutti a vederle entrambe.
    Ciao

    p.s. Sai se la serie della BBC è stata trasmessa in Italia e (ammettendo che sia all’altezza del remake) se è possibile trovarla ?

  2. Aries ha detto:

    La seconda stagione è in coda da un po’, ho finito da poco le due stagioni di the newsroom e sto mettendomi pian piano in pari con altre.

    Purtroppo non penso (ma non so essere più preciso) che la serie originale sia mai approdata in Italia; onestamente non so neanche quanto sia procurabile in lingua o quale ne sia la qualità, ma sarei molto curioso.

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