82. Da un grande potere

Lunedì è stato lo Spider-Man Day. Che palle, si potrebbe dire, ci sono sempre più ”nerd-days” e finiscono per essere più o meno l’occasione solo per dire “è il tale day!” e, forse, sarebbe vero, tant’è che mai in passato mi sono posto la questione dello Spider-Man day. A dire il vero non so neanche se in passato sia mai stato citato da qualche parte.
Ma quest’anno l’arrampicamuri compie 60 anni e celebrarlo penso sia doveroso, quanto meno da parte mia, che ho vissuto quasi ogni fase della mia vita avendolo come compagno di avventure.
I primi albi di supereroi che ho letto erano raccolte de ”L’Uomo Ragno Gigante” dell’editoriale Corno e neanche storie di poco conto: non so quanto volte ho letto e riletto la fuga di Doc Ock, l’omicidio del Capitano Stacy, lo scontro con l’Uomo Ghiaccio. Quelle tavole sono ancora impresse nella mia memoria e non perché le ho poi rilette in seguito, ovviamente.
Poi ci fu il buio col fallimento della Corno e la sparizione della Marvel dalle edicole italiane. Io un po’ lo dimenticai, fino a un giorno quando, iniziate le superiori, lo incontrai di nuovo, esposto nell’edicola della fermata della metropolitana di Conciliazione. Era il numero di 17 de L’Uomo Ragno Star Comics, uno dei pochi numeri pubblicati con la copertina stile ”schermo di cinema”: c’era rappresentato Spidey di spalle e, davanti a lui, l’enorme volto del Fenomeno. Lo comprai. Lo divorai (in appendice c’era una storiella come il culmine della saga di Fenice Nera, con cui imparai a conoscere gli X-Men) e da quel giorno ricominciai il mio percorso con lui, recuperando col tempo anche gli albi Star che mancavano alla mia collezione e che tutt’ora sono nella scaffalatura in acciaio del mio studio, insieme a qualche altro centinaio di suoi albi (e ben di più di tutti gli altri personaggi).
Mi godetti le storie di Stern e Romita Jr. prima e DeFalco e Frenz dopo, cercando di tapparmi il naso quando invece avevo sotto gli occhi quelle di Mantlo e Milgrom, festeggiai l’arrivo dell’epoca d’oro di Michelinie e McFarlane affiancati da Conway e Buscema, godetti dei periodi di David e di De Matteis, adorai (come ben pochi) la saga del clone, rabbrividii davanti allo scempio di Brand New Day e, tempo prima, del periodo Byrne, strinsi i denti durante il periodo di Superior, deglutii con fatica quella schifezza di Spider-Verse (che va bene amare un personaggio, ma non significa non avere senso critico).
Ma perché? Perché proprio l’Uomo Ragno (o, ormai, Spider-Man) è sempre stato così importante per me e per molti? Cosa lo rende unico rispetto alle migliaia di personaggi Marvel e DC in genere e alle decine di personaggi principali?
Ovviamente ognuno avrà una risposta diversa, qui posso rispondere solo per me.
Perché Peter Parker è la versione migliore di ognuno di noi.
Peter è un ragazzo comune, un nerd, inizialmente sfigatissimo, che la prima cosa che fa quando acquisisce i suoi poteri è provare a guadagnarci sopra, imparando a duro prezzo la famosa lezione sulla responsabilità.
E lui, da quel momento, la responsabilità non la fugge mai, non viene mai meno ai suoi principi, ai valori, nonostante questo possa costargli di tutto: e di fatto lo fa. Perde persone care, rischia la vita, è spesso odiato. Eppure non molla mai, non viene mai a compromessi con ciò che è la sua essenza maggiore.
E nella vita di tutti i giorni ha problemi come tanti altri: deve far quadrare i conti, pagare l’affitto, gestire relazioni e amicizia, laurearsi (ovviamente sto parlando di sessant’anni di storie, lo status quo è cambiato talmente tante volte da non poter citare tutto qui).
Si è sempre detto che Stan Lee ha inventato i supereroi con superproblemi, ma Peter è qualcosa di ancora diverso: è un supererore con superproblemi ma anche con problemi normali, che lo rende uno di noi. Così come lo rende uno di noi la sua ironia, il suo modo di affrontare cose fin troppo grandi.
Uno di noi ma, come dicevo, nella nostra versione migliore.
E, cosa personalissima, io con Peter sono cresciuto. Per un lungo periodo ho avuto storie (recenti o ristampe) in cui avevamo un’età più o meno simile, in cui potevo sentire un’affinità che non avevo con qualunque altro personaggio.
Vedere le sue storie mi faceva sentire meno solo in certi momenti della mia vita e questo deve ricordarci quanto la rappresentazione sia importante e mai scontata.
Sono passati sessant’anni da quando Peter ha fatto la sua comparsa in Amazing Fantasy 15 e trentacinque da quando l’ho reincontrato in quell’edicola in metropolitana.
In questi anni è cresciuto e si è moltiplicato: c’è l’originale, c’è stata la sua versione Ultimate, ci sono le varie versioni cinematografiche che, guarda caso, hanno generato uno dei più grandi eventi nei cinema degli ultimi anni. E c’è il nuovo Spider-Man, Miles Morales, che già sta ispirando nuove generazione e dando rappresentazione a chi non lo aveva (protagonista, tra l’altro, di un meraviglioso film di animazione).
E non cito cartoni animati vecchi e nuovi, se no non finiamo più.
Sessant’anni di storie, di avventure, di emozioni, di lacrime, di risate.
Di responsabilità.
Di promemoria che possiamo sempre cercare di essere fedeli alla nostra etica, ai nostri valori, costi quel che costi.
Perché, non posso chiudere diversamente, da grandi poteri derivano grandi responsabilità.
Auguri, Peter, e grazie.