69. After Dark

Ho sempre provato un legame molto particolare con la notte. Guidare di notte in strade solitarie o in autostrada. Attraversare la città in orari in cui buona parte della gente dorme. Percepire il risveglio del mondo al suo termine. Per quanto sia una banalità, la vita che attraversa la notte è qualcosa di completamente diverso, un mondo parallelo che si alterna con quello diurno e che ne condivide solo la disposizione fisica dei luoghi.

La notte è la protagonista indiscussa di After Dark, romanzo del 2004 di Murakami Haruki. Una notte che iniziamo ad attraversare poco prima del passaggio tra una data e l’altra, quando il buio si è già depositato e i personaggi che la vivono hanno già sostituito quelli del giorno.

Noi osserviamo, come dice più volte la voce narrante, mai così personale e poco distaccata.

Osserviamo fili di vite che in qualche modo si incrociano.

Una giovane studentessa di lingua cinese.

Un musicista.

Una ragazza, sorella della prima, persa in un sonno apparentemente senza fine.

Una prostituta cinese.

Un informatico.

La manager di un Love Hotel.

Fili che si sfiorano, si intrecciano brevemente, si influenzano a volte sapendolo e a volte, si inseguono, si trasformano reciprocamente, fanno cambiare direzione a un percorso apparentemente già tracciato.

E noi guardiamo, senza poter intervenire, con una voce narrante capace di un tale dettaglio che vediamo ogni singola scena davanti ai nostri occhi. La voce non parla al passato, ma al presente. Sta avvenendo ora, mentre leggiamo, non importa che l’orario scandito a ogni capitolo sia diverso dal nostro, noi siamo lì, immersi nella notte a guardare, a curiosare, a scoprire.

Attraversiamo la notte tra caffè, tramezzini, confidenze e inquietanti televisori.

Ci fermiamo a un semaforo a osservare un malavitoso cinese che non sa che il suo obiettivo è nella macchina accanto.

Diamo da mangiare a un gatto alle quattro di mattina in un parchetto mai così desolato.

Ci poniamo domande sulla sorte della giovane che dorme, che sparisce, che torna.

Ma non ci fermiamo. Non domandiamo. Non otteniamo risposte.

Non abbiamo bisogno di risposte.

Ci è sufficiente attraversare quel mondo parallelo, sfiorare quelle vite, percepirne emozioni e qualche ricordo: poi, all’arrivo del giorno, tutto verrà cancellato.

Ci sarà chi attenderà un’altra notte per tornare a vivere e chi, invece, avrà utilizzato quel viaggio nel mondo parallelo per tornare ad aggrapparsi a ciò che gli appartiene.

Noi, dopo aver letto, potremmo trovarci col desiderio di sentire quel mondo sulla pelle, attraversarlo non come osservatori ma come protagonisti.

Qualcuno lo farà.

Qualcuno continuerà a sognarlo.

E va comunque bene così.


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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