64. Non mi piace più

red flag
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Oggi mi è capitato un video su TikTok di un tizio che raccontava come avesse interrotto il suo rewatch di How I Met Your Mother perché si era reso conto che non avrebbe più continuato a guardare la serie, accorgendosi – con la sua consapevolezza attuale – di quanto buona parte dei personaggi fosse negativa o tossica e pertanto non potesse, appunto, andare avanti a godersi la serie.

Non voglio ora entrare nel merito specifico, dato che ho visto solo un episodio di How I Met Your Mother e non avrei modo di parlarne a dovere, ma si tratta di un ragionamento interessante che – a prima vista – si potrebbe assimilare a quella che viene ormai chiamata cancel culture, ma che secondo me tocca corde un po’ diverse.

Un conto infatti è parlare del non usufruire di una qualunque forma d’arte perché il creatore o la creatrice si è rivelatə persona non degna di stima (e anche qui dovremmo farne un apprfondimento a parte), un altro è invece rendersi conto che il prodotto stesso è in realtà più problematico di quanto ci ricordassimo o, semplicemente, non è più allineato alla nostra sensibilità e consapevolezza attuali.

Mi è capitato più volte di trovarmi in una situazione del genere, d’altronde essendo cresciuto con film prodotti negli anni ’80 non potrebbe essere altrimenti, e non sono riuscito onestamente a trovare una risposta definitiva che valga non dico a livello generale ma anche solo per me stesso.

Il problema è che entrano in gioco una marea di fattori: quanto sono legato a quel particolare film/serie/libro? Quanto ha segnato il mio passato? Quanto è invadente l’aspetto problematico rispetto al totale della narrazione? Quanto, ancora, sono in grado di godere di quest’ultima senza farmi infastidire dalle criticità?

Se prendiamo, ad esempio, Goonies, un film che è un caposaldo e a cui molti nerd cresciuti in quegli anni siamo legati, è innegabile che abbia delle problematiche, in primis legate alla grassofobia, motivo per cui lo sto citando, così da fare un esempio legato a un problema che tocca me. Ecco, io Goonies continuo a guardarlo, mi diverte, sono affezionato alla storia, ai personaggi, alla musica. Ma sono consapevole che ha dei punti problematici, tanto che tempo fa comprai una maglietta che ne ripeteva uno nello specifico e ho finito per non indossarla mai. Letteralmente mai.

Altri prodotti per me sono meno imprescindibili, a partire da (lo so che molti urleranno al sacrilegio) Friends. Sia chiaro: quando andava in onda sulle reti Rai mi divertiva tantissimo, anche se la vedevo a spizzichi e bocconi. Quando poi mi distrussi il ginocchio la recuperai tutta in lingua originale, ma era il 2011 e già molte risate erano a denti stretti, mentre molte cose non mi piacevano se non addirittura mi irritavano. Quando l’ho terminata non ho più sentito il desiderio di rivederla e al massimo mi capita di incrociare singoli spezzoni in rete che, più o meno, mi strappano un sorriso.

Friends, per quanto mi riguarda, è una serie che può rimanere nel passato.

E potrei andare avanti con molti altri esempi, ma penso di aver reso l’idea. Io non credo che ci si debba per forza privare di un qualcosa che ci piace, anche se presenta problematicità: quello che però dovremmo riuscire a fare è capire se – al netto di questa – quel prodotto ancora ci diverte e, soprattutto, se riusciamo costantemente a ricordarci che quell’aspetto è una red flag.

Se mi metto a riascoltare ora alcuni monologhi di Dario Cassini è probabile che ci rida come facevo vent’anni fa, ma al contempo ho ben presente che alcuni di essi rasentano se non superano la linea della misoginia. A quel punto la risata deve diventare qualcosa di diverso. Dev’essere rivolta non solo alla scenetta o alla battuta in sé, ma anche alla modalità di pensiero che l’ha generata, a ricordare che quel pensiero non può e non deve più esistere, per quanto la strada sia ancora lunga.

Ma, soprattutto, dev’essere chiaro che il fatto di riderne non deve essere un’autorizzazione al ricondividerlo, al dargli voce, a validarlo, a renderlo in qualche modo un messaggio che vogliamo far nostro.

E ancora: è molto facile sottovalutare le problematicità relative ad aspetti che non ci toccano personalmente. Lo è per un bianco quando vede vecchi film in cui si usa la blackface o una marea di altre forme di razzismo più o meno esplicito, lo è per un uomo quando vede serie o film con un sessismo neanche latente, lo è per un etero quando vede film con cliché legati all’omosessualità. Anche in questo caso è importante cercare di ricordarci che se una cosa non ci sembra estremamente grave non è detto che non lo sia e, a maggior ragione, dobbiamo farci alcune domande al riguardo. Ciò non significa non voler più guardare Via col Vento o, appunto, film anni ’80, ma ricordarci che sono figli del loro tempo e che ne dobbiamo usufruire anche con una visione storica di un modo di vedere il mondo e di raccontarlo che non vogliamo esista più.

Il che, me ne rendo conto, significa tutto e nulla, ma forse è esattamente ciò che serve: nessuna regola da applicare, se non il buon senso e la capacità di analizzare ed empatizzare.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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