25 novembre
Oggi leggerete una marea di frasi. Molte saranno sincere, sentite, vere. Molte altre saranno di facciata, perché “si fa”, perché se no “pare brutto”.
Le prime le riconoscerete, se starete attenti: sono quelle di chi non parla di violenza sulle donne solo oggi. Sono quelle di chi, ogni giorno, lotta perché la violenza di genere possa diventare davvero un ricordo, di chi sottolinea i problemi anche a costo di ricevere shitstorm mostruose, di chi punta il dito pur sapendo di rischiare di diventare a propria volte vittima.
Sono le parole delle donne attiviste e femministe e dei loro, mai abbastanza nei numeri, alleati.
Gli altri, quelli che faranno il post tanto per, quelli che vogliono darsi una ripulita, li riconoscete altrettanto bene, basta un po’ di senso critico. Sono quelli che in parlamento ostacolano ogni tentativo di approvazione di leggi adeguate. Sono quelli che chiudono o cercano di chiudere la casa delle donne. Sono quelli che dicono che “anche gli uomini subiscono violenza”, scordandosi le differenze di numeri abissali e, soprattutto, che gli uomini subiscono violenza, le donne subiscono violenza in quanto donne.
Leggevo stamattina che oltre il 70% delle donne subisce violenza causata da persone amiche o familiari contro meno del 10% degli uomini. Questa differenza dovrebbe bastare a chiunque per riconoscere che non solo c’è un problema, ma che non sta migliorando.
Il numero di donne picchiate o che hanno perso la vita durante il lockdown perché rinchiuse in casa coi loro aggressori è impressionante, ma le voci a loro sostegno sono state troppo poche e troppo basse. Qualche pubblicità. Qualche promemoria. Coscienza lavata.
E no, non basta – a noi uomini – dire “io non lo farei mai”. Non è mai bastato, non basta ora, non basterà mai. Bisogna lottare attivamente contro una cultura che continua a permetterlo.
Bisogna lottare contro la cultura dello stupro anche “solo” (solo?) verbale. Bisogna imparare che quello che succede quando si distribuiscono video privati di una persona è una violenza. Non fisica, ma resta tale e fa comunque parte della stessa famiglia.
Bisogna capire che ogni attacco personale a una donna in cui le si augura uno stupro ne fa parte.
Bisogna comprendere che ogni volontà di sminuire il problema fa parte dello stesso.
Bisogna imparare che “le battute che non si possono più fare” sono parte integrante del problema.
Bisogna accettare che impedire i diritti basilari è parte del problema.
Bisogna rendersi conto che tentare di limitare la libertà sul corpo femminile è parte fondamentale del problema.
E per farlo non basta dire “sì, è vero, non è giusto”, non basta non essere quelli che perpetuano, ma reagire. Affrontare chi fa certe battute. Ostacolare qualunque situazione tossica. Spezzare questa maledetta cultura che considera le donne accessorio dei desideri, delle volontà, delle aspirazioni degli uomini.
E ne siamo responsabili tutti, nessuno escluso.
Quindi, per favore, dopo aver condiviso la bella immagine ad effetto ed aver cambiato la vostra immagine Facebook per un giorno, cominciate a lottare veramente.
Così magari un giorno il 25 novembre sarà solo il giorno dopo il 24.