Vittime e Colpevoli

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Ed eccoci di nuovo. Sta circolando da giorni la notizia, a dir la verità non recente, ma diventata famosa per il processo in corso, dell’ennesima donna punita per il semplice fatto di essere una persona vivente, dotata di una vita privata e e sessuale e, ovviamente, con l’onta di essere di sesso femminile.

Riassumendola brevemente: un’educatrice per l’infanzia ha una relazione con quello che alcuni giornali indicano come calciatore dilettante. Durante questa relazione lei gli invida foto e video intimi, come hanno fatto, fanno e faranno centinaia di persone prima e dopo di lei.

La storia finisce e questo splendido individuo decide essere una buona idea condividere materiale inviatogli in privato con la chat del calcetto. Perché, si sa, le prede vanno sfoggiate. E no, non uso il termine “preda” a caso, ovviamente.

Chiariamo. In quanto scritto nei due paragrafi qui sopra c’è già un illecito e questo, sconvolgerà saperlo, non è tra le azioni compiute dalla donna, bensì nella condivisione non autorizzata di materiale privato. Già qui abbiamo un unico colpevole. L’uomo.

Ma non finisce qui, perché i files girano. Altro illecito, ricordiamocelo. Chiunque abbia condiviso quei files ha commesso un illecito. L’unica che non l’ha commesso è l’educatrice. L’unica.

Qui, leggendo i vari resoconti, le cose si fanno più fumose. Da qualche parte si legge che lei abbia scoperto le condivisioni e abbia promesso di denunciare e, per questo, sia stata ricattata dalla moglie di uno dei suddetti calciatori che ha scoperto che l’educatrice era maestra del figlio. Altra personcina di notevole moralità ed etica. Tuo marito è un verme, ma è più importante per te difendere lui che una persona che ha ricevuto una tale violazione della propria intimità. E, ripetiamolo, non ha fatto nulla di illecito.

Andando a cascata, sebbene da molte parti si parli di licenziamento, sembra che in realtà l’educatrice sia stata spinta a dimettersi proprio dalla direttrice che, di nuovo, ha ben deciso da che parte schierarsi.

Ora sono tutti a processo. L’individuo da cui è scaturito tutto si dice pentito ed è stato condannato a lavori socialmente utili, la moglie e la direttrice andranno a processo, altri hanno scelto riti brevi. Io, personalmente, spero in pene esemplari per ognuno di loro.

Ma questi sono i fatti, più o meno riassunti. Ciò che fa schifo è tutto ciò che ruota intorno.

Partendo dal fatto che di nuovo ci troviamo in una situazione in cui un verme si ritiene titolato a condividere materiale inviatogli in privato e con un patto di fiducia, solo per farsi bello o, peggio ancora, per revenge porn. E, di nuovo, in questo maledetto paese si punta il dita verso la vittima.

Ne ho lette di ogni tipo in questi giorni, da uomini e donne di tutte le età (e, lo ammetto, leggerlo da ragazze giovani è una cosa che mi fa male e preoccupa parecchio, perché vuol dire che anche sull’autoconsapevolezza la strada è lunga):

  • Lei non doveva mandarle
  • È colpa sua che ha fatto quelle cose
  • Si sa che gli uomini sono così
  • Loro non hanno fatto nulla di male

E via di questo passo.

E io davvero non so più da dove iniziare. Perché qui si tratta di un continuo attacco alla libertà, alla vita privata, all’autonomia delle donne. Perché ancora si ritiene che una donna che manda foto intime a un uomo sia una poco di buono (che cazzo significa poi poco di buono? cosa?) che merita ogni conseguenza che riceverà.

Che ancora si considerano molestie, violazioni, stupri come colpa esclusiva delle vittime.

Che ancora si decide che la propria morale sia il metro di giudizio sul comportamento altrui.

Che una vita sessualmente attiva sia una colpa per una donna e la renda indegna di avere a che fare coi bambini: perché, dai, se una donna ama scopare si sa che è pericolosa.

Che ricattare una persona sia “non fare nulla di male” e fidarsi di qualcuno con cui c’è intimità sia invece “mandare in giro le proprio cose”.

E tutto questo fa schifo. Tutto questo deve finire. Perché la vicenda di Tiziana Cantone non sembra avere insegnato un cazzo e ci troviamo ancora qui.

Una donna (direi persona, ma, diciamocelo, nessuno attaccherà MAI un uomo in una situazione del genere) ha diritto di vestirsi, andare a letto, vivere come accidenti le pare. Non deve rendere conto a nessuno di quanti si scopa, di come si trucca, di quanto corti sono i suoi abiti, di quanto impreca. Non deve finché non commette reati o abusi.
Non sono cazzi vostri, non avete diritto di giudicare, non avete diritto di dedurre.

Soprattutto, non dovete osare mettere in dubbio le sue capacità di educatrice perché ha una vita sessuale viva e attiva. Non. Dovete. Osare. “Non ho fatto nulla di male, era lei a non doverle mandare”. Questo è quanto ha detto uno dei colpevoli. Sostituitelo con “Non è colpa mia se l’ho uccisa, era lei che camminava per strada senza una pistola”, “non è colpa mia se ho rubato la macchina, è lei che non aveva i vetri a prova di rottura”, “non è colpa mia se l’ho stuprata, è lei che respirava e camminava per strada per i fatti suoi”.

È la stessa cosa. La stessa identica cosa. Smettiamola di togliere le responsabilità ai vermi che si comportano in questo modo. Smettiamola di giustificare la merda perché si è sempre fatto così. Smettiamola di colpevolizzare le vittime.

“Non ho fatto nulla di male”. No, hai fatto TUTTO di male. Hai commesso un illecito, hai violato la privacy di una persona, hai potenzialmente ricattato.

“Non doveva mandarle”. No. Lei aveva tutto il diritto di farlo. TUTTO IL DIRITTO. Siete voi i predatori. Voi i vermi. Voi quelli che hanno preso una cosa fatta in fiducia e l’hanno trasformata in un incubo. Voi quelli che in una chat in cui sono passati video privati non avete alzato la mano e detto “che cazzo stai facendo?”. Voi i soli e unici colpevoli.

Da una parte c’è una persona che vive la sua vita e quando si è vista travolta dalla merda altrui ha deciso di reagire denunciando. Dall’altra c’è un branco che ha condiviso materiale privato, ricattato, difeso l’indifendibile. Io lo so dove va la mia morale. Lo so benissimo.

Sono schifato.

Sono stanco.

Sono amareggiato.

Sembra di lottare contro i mulini a vento, ma non ho – non abbiamo – intenzione di mollare.

Perché questo schifo di mentalità patriarcale ve la dovete ingoiare e, possibilmente, soffocarvici dentro.


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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