Di accettazione, autoaccettazione e pep talk

fat man

Sto scrivendo questo post e lottando contro la voglia di non scriverlo, perché sono convinto che il rischio che venga travisato sia altissimo, ma mi rendo conto che se una cosa mi gira troppo per la testa ha bisogno di essere esternata, per cui corriamo questo rischio.

Delle difficoltà delle persone come me ho già parlato qualche mese fa: https://www.oldmanaries.it/index.php/2020/02/21/grasso/

Quel post ha avuto un sacco di riscontri positivi: gente che mi ha ringraziato per averlo scritto per aver fatto loro capire meglio il problema, chi l’ha fatto perché si è sentit* rappresentat*, chi perché sta già facendo un lavoro contro il fat shaming o comunque a favore della body positivity e quindi si è trovat* naturalmente allineat*.

Ha fatto piacere. Enormemente.

Ha fatto sentire meno solo.

Ed è facile cercare di circondarsi di una bolla che, in qualche modo, ti sostenga a partire da queste reazioni. Facile e rassicurante. Naturale, oserei dire.

Poi ti capita, come a me stamattina, di ascoltare un podcast mai sentito prima (non mi interessa nominarlo né pubblicizzarlo, ho interrotto dopo questa uscita e non lo riprenderò a seguire, ovviamente) e, nei primi dieci minuti del primo episodio, sentire una delle due conduttrici un personaggio, per descriverne il ribrezzo, come un ciccione schifoso.

E rieccoci.

Perché se la bolla è confortevole, quando se ne esce il mondo è questo.

Lo stesso che per insultare qualcuno come Adinolfi, che di materiale ne mette a disposizione una marea, punta subito al fatto che è grasso, a quanto mangia, alla stazza e via dicendo così.

Perché se è un nemico va bene attaccarlo in questo modo, no?

No. E il motivo l’ho già spiegato.

E occhio, che questo meccanismo ce l’hanno anche persone che di solito non hanno pregiudizi coscienti: secoli fa segnalai a una persona che definire Martin “ciccione maledetto” perché non scriveva era fat-shaming; scalpitò prima dicendo che era abitudine di tutti i fan (come se questo giustificasse), poi che era un modo di dire, poi altre mille scuse fino a dover ammettere (e già questa fu un’eccezione) che fosse sbagliato.

E qui, ma non da ora, da anni se non decenni, mi sorge una domanda ed è una domanda che devo fare agli alleati e che – attenzione – non vale solo per le persone grasse, ma per qualunque forma di “diversità”, sia essa colore della pelle, invalidità o altro.

Parlo dell’essere grasso perché lo conosco di persona e non voglio parlare per altri, ok?

Ecco, questa domanda è: siete sicuri al 100% di credere in ciò che sostenete?

Fermi, non metto in dubbio né il vostro cuore, né la vostra buona fede, anzi, vi sono grato di tutto il sostegno. Ma… ci credete del tutto?

Faccio un esempio banalissimo e, di nuovo, uso me come esempio.

Supponiamo di essere in un locale. Supponiamo che io mi avvicini e provi a conoscervi. Che vi inviti a uscire. Accettereste? (Disclaimer: LO SO che entrano in gioco mille fattori, lo so che possono non scattare scintille, che può non essere il momento, lo so, ma prendetelo come un esperimento di fisica in condizioni controllate, ok?).

So benissimo che molti istintivamente risponderebbero “sì, certo, perché no?”. Ma vi chiedo di fare lo sforzo di immaginarvi nella situazione. Anzi, andiamo oltre: immaginate che io (o un vostro amico o conoscente grasso o con altre differenze che lo rendono diverso) vi chieda di uscire. Non per cazzeggio, un appuntamento.

Potete prendere altri esempi, eh? Immaginate di conoscermi per ciò che scrivo o per i podcast o di non conoscermi affatto, fatto questo esercizio di stile, questo what if.

Accettereste?

Ancora: nel caso sia applicabile, non vale la risposta “ma no, siamo amici, non potrei” perché non è questo il punto, anche perché a un certo punto della vostra vita avete deciso che quella persona (l’io ipotetico) sarebbe stato un amico e non l’avete preso in considerazione come partner. Ovviamente ci sono mille motivi legittimi: voi eravate impegnati, lui era impegnato, c’erano altri cazzi, non importa.

Quello che sto cercando di rimuovere sono i fattori che per vari motivi potrebbero deviare dalla sostanza per andare a toccarla.

E torno lì? Accettereste?

Facciamo un’iperbole ancora più ampia: immaginate di incrociare quella persona (come se non la conosceste) su una dating app; ce ne sono una marea, ormai, ma immagino funzionino tutte in modo simile. Ci sarà una foto in cui si vede chiaramente e una bio in cui parla di sé (in questo esempio non la conoscete, ma potete immaginare che sia una bio interessante; di nuovo, prendete qualcuno che conoscete o il sottoscritto se non ne avete sotto mano): da che lato fareste swipe? (E qui in realtà potenzialmente non serve neanche il condizionale, perché sospetto che a molt* sia capitato).

Ovviamente non dovete rispondere a me e, altrettanto ovviamente, è una domanda che cerco di farmi spesso anch’io (perché nessuno di noi è immune da bias), non sempre felice della mia risposta sincera.

Ma la risposta è importante.

Perché è bellissimo, meraviglioso sentirsi dire di essere speciali, importanti, che dobbiamo stare bene nel nostro corpo qualunque esso sia, che dobbiamo fregarcene di come ci vede la gente, che dobbiamo stare bene noi.

È un sostegno fondamentale di cui io e tutti noi siamo grati.

Ma poi, noi, col mondo dobbiamo interagire. Poi, ognuno di noi, potrebbe avere il desiderio di avere una storia (e io sono stato fortunato nella mia vita in tal senso, molto più di altri, nonostante tutto). O di uscire con qualcuno e semplicemente vedere come va. O qualunque altra cosa che non rientri nel rapporto fraterno garantito che (si spera) abbiamo tutti.

E a quel punto il problema c’è, perché se io posso essere convinto di “meritare” potrei avere enormi problemi a farlo recepire a qualcun altro: ci si può far conoscere se qualcuno ha la voglia iniziale di provare a conoscerci.

“Beh, ma se una persona è superficiale non ne vale la pena”. Verissimo. Ma se la persona non lo è? Se semplicemente ha un bias che è difficile da superare? Lo so, sto impostando un sacco di sé, ma è complesso trasmettere un messaggio senza farlo ed è per questo che torno alla domanda che vi ho fatto sopra.

Se dite a qualcuno che non importa il suo aspetto esteriore, che deve amare il suo corpo, che merita di essere amato, allora provate a chiedervi se voi sareste disposti a farlo. E se la risposta è no, chiedetevi perché, cercando di aggirare le risposte facili come quella sopra.

FERMI.

Non significa che potete dire quelle frasi solo se poi siete disposti a uscire con quella persona: è ovvio che sarebbe un’assurdità, una cazzata impensabile e una responsabilità totalmente inesistente. Non c’è nesso di causalità.

E se la risposta negativa è legata a qualunque altro fattore non fisico e non di preferenze generali, ben venga, va bene così. Così come, a maggior ragione, se la risposta è positiva.

Ma se vi sorge qualche dubbio, qualche pulce, pensateci.

E sia chiaro che so che la soglia tra “preferenza personale” e “bias” è sottilissima in certi casi, non sto certo dicendo che ho sicurezze.

Ma vorrei si capisse che dire quelle parole significa aiutarci a convincerci che effettivamente siano vere. E se anche le persone che le dicono non è detto che poi siano in grado di metterle in pratica, figuriamoci gli altri.

E gli altri sono quelli che dicono “ciccione schifoso”.

Ecco. Sentirsi sostenuti è importante, importantissimo, fondamentale.

Ma la nostra vita è qualcosa di diverso dai pep talk e dai discorsi di autoaccettazione.

(E io spero ardentemente che si sia capito cosa intendo e di non aver sbagliato a scriverlo)


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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