Quarantine Police
Era prevedibile. Tristemente, per molti versi. Ci troviamo in una situazione mai vista prima e tutti, TUTTI, dobbiamo scoprire come affrontarla. Come rendere accettabili i giorni che trascorrono.
C’è chi sta oggettivamente peggio e non è neanche da ribadirlo. I malati (di coronavirus o meno), i medici, le persone che non possono vedere i propri cari nelle due situazioni precedenti.
Queste persone fanno categoria a sé stante e non sono neanche lontanamente toccate da quello che scriverò qui.
Ma se vi guardate in giro c’è tutto e il contrario di tutto. Chi vede tutto nero. Chi cerca di farsi forza dicendo che andrà tutto bene. Chi canta dai balconi. Chi impazzisce in casa. Chi si sente solo. Chi alla fine di tutto questo divorzierà.
E, soprattutto, c’è chi decide com’è giusto vivere questi momenti.
Chi dà addosso a chi canta dai balconi.
Chi dà addosso a chi non lo fa.
Chi dice “cosa vi costa stare in casa” guardando con supponenza chi vorrebbe andare a fare una passeggiata pur con tutte le precauzioni del caso.
Vi rivelerò una cosa: avete rotto il cazzo. Tutti.
Nessuno ha la ricetta giusta per vivere tutto questo.
Nessuno ha le emozioni e i sentimenti degli altri.
Nessuno ha il diritto di definire quali devono essere le priorità emozionali e mentali delle altre persone.
E soprattutto NESSUNO HA IL DIRITTO di sindacare sulla salute mentale altrui.
Ciò che si sta velocemente perdendo di vista è che questa crisi generale non riguarda solo la salute fisica, ma anche quella mentale e questo stigma per cui la seconda sia meno importante della prima deve finire.
Io, in quasi isolamento, ci ho già vissuto. Ho fatto mesi chiuso in casa a causa del ginocchio. In sedia a rotelle. Stavo impazzendo. Letteralmente. E al tempo non vivevo neanche da solo.
Ora vivo da solo. Per me uscire a fare due passi era il modo di staccare dal lavoro casalingo. Andare al cinema, vedermi con un amico era il mio contatto con il mondo. Un contatto che, se va bene, non avrò per altri 18 giorni almeno. Io non lo so come ci arriverò. E RIFIUTO che chiunque sminuisca quello che provo io e con me migliaia di persone con un semplice “va beh, siete a casa vostra, di che vi lamentate?”.
E io sono fortunato. Riesco mediamente a gestirmi. Ho i gatti di cui prendermi cura (e prendersi cura di qualcuno è una salvezza inimmaginabile). Ma c’è gente ancora più da sola. C’è chi con se stessa sta male. C’è chi chiusa in un appartamento può scivolare nella depressione più totale. C’è chi subisce violenze domestiche.
E voi “va beh, che vi costa, siete in casa” sminuite tutto questo dall’altezza del vostro cazzo di privilegio.
A parte quelli che già sappiamo tutti stiamo facendo la nostra parte. Tutti.
Ma nessuno ha il diritto di dire che se sto male in casa allora faccio dei capricci.
Così come nessuno ha il diritto di costringermi a dire che andrà tutto bene.
E nessuno ha il diritto di costringere chi ne sente il bisogno di dirlo.
Imparate un po’ di empatia. Imparate che il vostro maledetto orticello non è l’unico che esiste. Imparate che c’è chi potrebbe non arrivare alla fine di queste settimane perché rischia di suicidarsi. Imparate a rispettare i bisogni altrui.
Un conto è dire che dobbiamo tutti farlo. Lo sappiamo.
Un conto è sminuire il malessere altrui perché voi non lo percepite.
Se c’è una cazzo di cosa che dobbiamo imparare in queste settimane è prenderci cura degli altri, dei più deboli, di chi sta male qualunque motivo esso sia. Non giudicarli. Non sminuirli. Non lasciarli nel loro brodo.
Altrimenti, fidatevi, non siete così diversi da chi fugge per tornare al paesello. Avete solo un modo diverso di esternare il vostro egocentrismo.
Non migliore.
Diverso.
L’ho già scritto: pensate a chi sta male mentalmente e moralmente. Date supporto. Fatevi sentire. Fatevi vivi. Fate sentire loro che sono capiti. Che hanno diritto a stare come stanno.
Scendete dal piedistallo, che lassù si è soli e fa freddo.
E di solitudine e freddo ne stiamo già facendo il pieno.