Altered Carbon: 2×01 Phantom Lady

Dopo un’attesa di circa due anni arriva la seconda stagione di Altered Carbon, la serie Netflix basata sugli omonimi romanzi di Richard Morgan, e ci riporta a Takeshi Kovacs e alla sua lotta – sostanzialmente – contro tutto e tutti.

Il distacco temporale percepito dallo spettatore, che può legittimamente non ricordarsi quasi nulla della prima stagione, pur attenuato dal classico riepilogo iniziale viene invece accentuato da un ben più ampio salto nel futuro all’interno della serie stessa. Sono infatti passati ben trent’anni dagli avvenimenti visti nel 2018 e nell’universo della serie molto è cambiato, a partire dal protagonista.

Il Kovacs che incrociamo qui è infatti estremamente diverso da quello che avevamo conosciuto. Abbandonata la custodia di Joel Kinnaman – e dopo un breve interregno non inaspettato quanto avrebbero voluto gli sceneggiatori – il nuovo corpo indossato dallo stack di Kovacs è niente meno che quello di Anthony Mackie, che vediamo per la prima volta protagonista in una serie in attesa della futura Falcon & Winter Soldier.

L’upgrade ottenuto da Kovacs non è meramente estetico e di marketing, ma corrisponde anche a nuove abilità progettate appositamente: detta in soldoni, Kovacs in questa stagione diventa quasi superumano, giusto per garantire un livello di spettacolarità dei combattimenti e delle scene d’azione ancora superiore.

Dal punto di vista della trama, lo stacco permette di inserire cambiamenti drastici nel cast senza che sia necessario spiegarli tutti puntualmente. Kovacs ha trascorso trent’anni in giro per l’universo alla ricerca della sua amata (o, come giustamente gli viene fatto notare, della sua ossessione) Quell portandosi dietro l’Intelligenza Artificiale Poe, uno dei punti di forza della stagione precedente.

Tutto è cambiato per lui e di conseguenza per noi: questo primo episodio ci fornisce alcuni indizi, ma non si perde in dettagli che possano interrompere l’azione. Nel giro di poco più di quaranta minuti Kovacs si trova a vedere finire male un recupero crediti, trovarsi assoldato suo malgrado in una missione, finire nella nuova custodia, essere accoltellato, sparato e pestato ben più di una volta e ritrovarsi sul mondo di Harlan, dove tutto era iniziato, quanto meno per noi.

È ovviamente presto per esprimersi sulla trama, che in questo episodio iniziale viene solo abbozzata. L’impressione generale, però, è che le novità ci siano, ma siano soprattutto di facciata; lo stesso ritorno sul pianeta Harlan sembra esprimere un desiderio di mantenere il più possibile le situazioni viste nella stagione precedente: con nuovi volti, con magari qualche dinamica diversa, ma senza modificare la sostanza. Una sorta di “cambiare tutto per non cambiare niente” che i lettori di fumetti Marvel conoscono bene.

Già nella prima stagione la serie aveva denotato una mancanza di personalità, risultando una serie di fantascienza e avventura spettacolare e divertente, ma che non rimaneva particolarmente impressa per nessun motivo in particolare; ora, a due anni di distanza, tale sensazione viene accentuata dal fatto che – quanto meno per chi scrive – la memoria degli avvenimenti passati era fumosa e imprecisa ma non ha inficiato la comprensione del nuovo episodio.

Quanto appena scritto può sembrare in contraddizione con la sensazione di straniamento citata all’inizio, ma solo in apparenza: nel momento in cui ci si approccia all’episodio, sopratutto grazie al breve riassunto iniziale, si percepisce nettamente che il tempo è cambiato. L’ambientazione è diversa, non vediamo volti noti se non quello di Poe, che è comunque in una situazione diversa rispetto a quanto visto in passato.

L’effetto, però, dura poco, e dopo una decina di minuti tutto torna ad avere un sapore di normalità che sembra oggettivamente fuori luogo: quando si gioca su un cambiamento così netto (temporale e addirittura nel volto del protagonista) lo spettatore deve rendersi conto che davvero le cose sono cambiate, altrimenti finirà per appiattire l’interesse sulle aspettative minori possibili.

Un confronto diretto lo si ha con Doctor Who, dove il cambiamento è parte integrante della struttura della serie: ogni rigenerazione porta con sé un volto (e una personalità) nuovi, ma anche la consapevolezza che anche se si ha davanti lo stesso personaggio, in realtà molto è cambiato. A volte in meglio, altre no, ma il cambiamento si sente.

Che la serie voglia però puntare sul cambiamento è esplicitato in più di un dialogo volto a sottolineare come i continui backup e ripristini finiscano per mutare la personalità degli individui più di quanto si potesse pensare. Sarà da capire se lo spunto verrà ben sfruttato o rimarrà un cenno propositivo e poco altro.

Di certo, però, l’arrivo di Mackie è un miglioramento. L’attore sembra essersi calato bene nella parte di Kovacs e gli dona un’espressività di certo maggiore rispetto a quella di Kinnaman (anche perché minore sarebbe stato abbastanza difficile).

In conclusione abbiamo un primo episodio sicuramente avvincente quanto lo era stato la prima stagione ma che ha bisogno di nuovi fattori per rendere la serie qualcosa di più di una visione gradevole in mancanza di meglio.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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