In ritardo o forse in anticipo o forse nessuno dei due
Chi dovesse lamentarsi dell’assenza delle Storie di Podcast e, in genere, di aggiornamenti avrebbe pienamente ragione. Purtroppo, rispetto ad anni fa quando potevo permettermi la sfida di un post al giorno, ci sono periodi in cui non riesco a fare neanche un post alla settimana.
Alle volte si tratta solo di accumulo di impegni, altre di umore, altre ancora di entrambe le cose.
In questo periodo penso siano entrambe le cose.
Sicuramente gli impegni sono tanti: ho da portare avanti vari progetti lavorativi, ci sono recensioni da scrivere e c’è un podcast di cui seguire registrazione e parte tecnica (e gli dei benedicano il fatto che Giuseppe si occupa di quella social).
Ma, impegni a parte, c’è un umore che non è ai suoi massimi e che mi rende difficile mettermi a scrivere come vorrei.
Ennesimi problemi col commercialista mi hanno fatto definitivamente stufare e ne sto cercando uno nuovo (e so per certo che il passaggio non sarà indolore. Non lo è mai, perché dovrebbe stavolta?).
Le tasse di quest’anno sono arrivate a livelli assurdi e in un momento in cui comunque avevo già pianificato alcune spese. Personali, sì (come se ci fosse qualcosa di male a vivere di non sola aria e cibo di base), ma comunque sia non annullabili e quindi ci si barcamenerà.
E, ciliegina, c’è quella costante sensazione di fare 100 per avere riscontro 10 o forse 20. In ogni ambito. Lavorativo. Interpersonale. Nelle passioni. Si investe tanto, si fa il possibile e a volte l’impossibile, ci sono riscontri, ma quei riscontri sembrano sempre di un ordine di grandezza diversi.
Così nei rapporti con le persone, quando sembra (tranne in alcuni preziosissimi casi) che l’impegno sia spesso sbilanciato. Troppo sbilanciato.
E alla fine la frustrazione che si somma è tanta e anche le cose belle si riescono a gustare un po’ di meno.
Sto avendo belle reazioni da chi sta leggendo il libro. Bellissime. Superiori a quelle che mi sarei aspettato. Ma al contempo è frustrante vedere che ci siano persone che si sono offerte volontarie per aiutarmi in questa fase e si sono fatte di fumo. Fa pensare che non si sia compreso che in questa fase era un aiuto di cui avevo bisogno io, non un soddisfare una curiosità che poteva tranquillamente aspettare. Tant’è che sta aspettando.
Ma va beh, mi stringo quella metà che si è fatta viva.
Questo post non voleva essere uno sfogo. Sta venendo fuori così perché mi serve un punto fermo e perché tra tre giorni è Samhain e quasi me ne stavo scordando. E non voglio scordarmene.
Dopodomani a quest’ora sarò a Lucca (non perdetevi l’episodio di Polo Nerd dell’11 novembre, che rischia di essere molto carino) e non avrò modo di scrivere qui sopra e soffermarmi su Samhain, per cui lo faccio ora, da qui il titolo del post.
Nuovo anno. Quello che sta finendo è stato strano ma carico di cose belle e importanti. Ho finito di scrivere il romanzo dopo otto anni. Ho finito di editarlo. L’ho fatto leggere, sta piacendo e forse tra poco ci sarà il titolo. Ho creato con Giuseppe Polo Nerd ed è una creatura di cui vado immensamente fiero.
Ho fatto cose, ho visto spettacoli splendidi.
Ho letto troppo poco.
Mi sono reso conto di avere ancora ferite e traumi da curare.
E ora?
Ora posso solo sperare alcune cose e ripropormene altre.
Posso sperare che il cambio di commercialista sia lo stacco (anche solo simbolico) necessario per correggere le rotture di palle fiscali e lavorative.
Posso augurarmi che i semi lavorativi gettati e che mi stanno esaurendo finiscano per germogliare.
Posso sperare che il tanto lavoro per il podcast si tramuti in qualcosa di ben più grande.
E posso, ma questo me lo sono già promesso, impegnarmi a mandare finalmente il libro a un po’ di editori.
Che se il nuovo portasse quel sogno sarebbe davvero la svolta.
O almeno lo spero per la mia sanità mentale.
Intanto Buon Samahin in anticipo ma anche no.