1996-2019

Sì, in teoria dovrei fare un Storie di Podcast, ma oggi no. Forse domani. Forse.

Che poi non so neanche perché mi sto mettendo qui a scrivere. Ci sono cose nuove che si possono aggiungere dopo 23 anni? Qualcosa che modifichi pensieri scritti e riscritti, detti e ridetti decine di volte?

Ma, d’altra parte, mi interessa davvero scrivere qualcosa di nuovo? Esiste qualcosa di nuovo quando si parla di cicatrici vecchie? Deve esistere qualcosa di nuova quando si parla di cicatrici vecchie? E se no, allora perché scriverne ancora?

Forse perché è sempre lì.

Perché io sono il risultato di quello.

Perché quando più di metà della tua vita si svolge dopo un dolore del genere, quella metà è sua figlia, che tu ne sia cosciente o meno.

E io ne sono cosciente, questo è poco ma sicuro.

Cosciente che sarei una persona diversa e non sono certo che sarei migliore. Cosciente di quel vuoto che ho cercato di riempire tante, troppe volte. Riuscendoci forse e forse no. Più facilmente no.

Cosciente che da allora, da prima e a seguire ho avuto a che fare con la morte più di quanto avrei voluto e dovuto. Molto meno di altri, ma molto più e prima di molti. Non mi rende più o meno fortunato, mi rende questo e mi rende consapevole di quanto mi abbia accompagnato.

Consapevole, quando penso che non ho più nessuno.

Consapevole, quando penso che ogni giorno in più è un giorno in meno e che per quanto cerchi di non pensarci, quella maledetta consapevolezza è sempre lì.

Consapevole di questo costante senso di solitudine e non appartenenza a nulla. Che per certi versi è libertà allo stato puro e per altri è vuoto e silenzio.

Qualche tempo fa mi è capitato un video girato il giorno del mio diciottesimo compleanno. Parenti. Cugini. Compagni di classe. Un’amica che forse avrebbe potuto diventare altro ma ero troppo stupido per capirlo. E in certi momenti la tua voce. Squillante, che sovrastava quasi ogni altro suono. Familiare eppure sconosciuta. Lontana. Non più mia. Non più di questa vita. Senza più un suo ruolo.

È strano poter rivedere e sentire le voci di chi non c’è più. Non è solo questione di nostalgia, è come una misura del tempo che passa. Lo senti nell’effetto che ti fa. Lo senti in quanto tu non sei più allineato con ciò che erano.

Ed è tutto inizio quel giorno. 23 anni fa. Di notte.

Stanotte sono rientrato a casa all’incirca alla stessa ora. Quella notte ero sveglio e la notte non è più finita. È diventata il primo mattino di una vita che non conoscevo più. Che non ha mai smesso di ridefinirsi. Che non so se lo farà mai.

Nel bene e nel male.

Ed è tutto iniziato quella notte.

E magari il dolore, quello lancinante che apre in due, non c’è più perché nessun dolore può durare tanto lasciando sani di mente (ammesso che io lo sia), ma il vuoto, il silenzio, le domande, la mancanza, anche la certezza che non vorrei comunque essere diverso e quindi dover prendere le distanze anche da una versione di me stesso, tutto quello c’è. È lì. E rimarrà.

Dopo 23 anni e per quelli che verranno.


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Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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