Will & Grace: Season 10 – quando consuetudine e novità si fondono alla perfezione

All’inizio di questa stagione di Will & Grace avevamo sottolineato come i due primi episodi fossero stati in grado di mostrare contemporaneamente un rispetto dell’identità e dei meccanismi rodati della serie ma anche alcuni ingredienti, quali l’introduzione di Noah, in grado di introdurre nuove chiavi narrative per mantenere alta l’attenzione e la curiosità dello spettatore. La speranza era che questa strada fosse percorsa anche nel seguito e oggi possiamo – con soddisfazione – dire che così è stato.

I diciotto episodi di cui è composta la decima stagione della serie (la seconda della sua nuova era) hanno rappresentato un viaggio nelle vite dei personaggi in cui accanto a puntate prettamente incentrate su sketch divertenti anche se di portata limitata ne sono state presentate altre con impatto notevole sulla trama orizzontale o in grado di donare allo spettatore momenti di approfondimento e di emozione assolutamente non scontati.

Il primo leit motiv della stagione, che non per niente diventa letteralmente centrale nel finale, è rappresentato dal matrimonio di Jack ed Estefan: i preparativi che si protraggono per l’intera run non sono solo fonte di momenti esilaranti – uno per tutti il post-addio al celibato di Jack – ma seguono il personaggio di Sean Hayes in una crescita personale che lo fa crescere come persona senza mai snaturarne le caratteristiche che l’hanno reso uno dei favoriti della serie. Pur essendo la diva che tanto adoriamo, Jack impara a riconoscere l’importanza dei sentimenti che prova per Estefan e a rinnegare o, meglio, non reiterare gli errori del passato anche davanti a tentazioni cui una volta non avrebbe mai rinunciato.

Miss Coco: Jack ed Estefan ora pronunceranno le promesse che hanno preparato.
Jack: Estefan, mi conosci abbastanza bene da sapere che non ho preparato alcuna promessa.
Estefan: È vero. Lo so.

Ma se la crescita di Jack è la più lineare, per quanto non del tutto prevedibile, quella di Karen è forse ancora più realistica e travagliata. Di nuovo senza mai abbandonare i canoni stilistici del personaggio, cosa che avrebbe urlato vendetta, la sceneggiatura riesce a portare la ex-signora Walker a indagare o, meglio, a vagare alla ricerca della propria identità.

Il matrimonio con Stan aveva sempre rappresentato una costante per il personaggio e per gli spettatori, aiutando a definirne i contorni e, all’interno della storia, a fornirle una base immutabile e sicura: dopo la morte di Rosario, splendidamente gestita nella stagione precedente, lo sganciarsi anche da questo aspetto fondamentale nella propria vita getta Karen in una nebbia di insicurezza che, pur velata dalla sua maschera sbruffona e spavalda, non può non risuonare in molti spettatori che si sono trovati in situazioni di confusione paragonabili.

La gestione delle relazioni interpersonali, che di certo non è mai stato il punto forte di Karen, diventa ancora più complessa e importante. A partire dal rapporto con l’ex-figliastra Olivia in un delizioso episodio che fa il verso a Giudice Amy, per proseguire col mai realmente funzionante rapporto con Malcolm e finire col tentativo di diventare lesbica con la neo-introdotta Nikki, specchio di una sua incapacità di riconoscersi se non in relazione a chi è in grado di guidarla e plasmarla. La presa di coscienza, ironicamente e intelligentemente nata dall’onnipresente e mai sufficientemente elogiato Smitty, rappresenta forse il suo punto di rinascita e ricostruzione.

Non è un caso che questo evento avvenga nel finale di stagione: siamo abituati a conclusioni che rimescolino le carte, ma l’impressione è che qui si sia voluto dare a tutti i personaggi la possibilità di fare un passo avanti, di crescere e uscire da meccanismi in cui rischiavano di rimanere incastrati.

Di Jack e Karen abbiamo parlato e per Will l’evoluzione è forse la meno travagliata, mentre Grace merita un discorso a parte.

Si era già evidenziato come l’alchimia tra Debra MessingDavid Schwimmer fosse perfetta, rendendo Noah un potenziale ottimo personaggio ricorrente: così oggettivamente è stato, ma le sfumature introdotte con lui hanno permesso di approfondire non solo il rapporto tra i due ma anche un certo numero di relazioni di coppia. Noah è un individuo per certi versi abbastanza tipico: cinico, molto autoreferenziale, sarcastico e sulla difensiva. Il suo sentimento per Grace cresce durante la stagione e certi suoi comportamenti, anche se molto spigolosi, sono quanto meno comprensibili quando non del tutto giustificabili.

Eppure, sul finale di stagione, ci si rende sempre più conto che alcuni aspetti del carattere del personaggio non sono accettabili, per quanto sia gli spettatori che Grace stessa possano cercare di convincersi del contrario. Ciò che viene portato alla luce è che ciò che poteva apparire come un meccanismo di difesa è in realtà un modo d’essere e che Noah è in realtà un personaggio completamente autocentrato incapace di fare alcun gesto reale nei confronti di Grace.

Nessun cambiamento al suo appartamento, una tendenza costante a sopraffare la sua compagna, nessuna disponibilità a considerare importante ciò che lo è per Grace, fino al punto di non presentarsi al matrimonio di Jack perché le sue priorità sono altre. Pur sfiorando il meccanismo già visto del contrasto tra Grace e Will nato dalla preoccupazione di quest’ultimo per l’amica, il finale riesce a svicolarsi proponendo un risveglio del personaggio che potrà anche essere un po’ banale e prevedibile, ma che funziona bene e soprattutto ricorda allo spettatore che non è mai troppo tardi per volere essere soddisfatti al 100%.

Sul fronte dei singoli episodi, come dicevamo all’inizio, abbiamo momenti molto autoconclusivi in cui lo sketch nasce e finisce in sé, ma oltre ai classici meccanismi ben oliati di cui non faremmo mai a meno, anche i momenti di approfondimento e di coinvolgimento emotivo non mancano. Oltre al già citato percorso di Karen, non si possono non citare separatamente Grace’s Secret, il quinto episodio, e Bad Blood, il quindicesimo.

In Grace’s Secret un viaggio in auto porta Grace a rivelare al padre molestie subite da giovane da parte di un amico di lui e a confrontarsi non solo con l’immagine idealizzata che questi aveva dell’amico, ma anche con quei meccanismi di harassment più o meno consapevole – le fin troppo classiche battute a sfondo sessuale verso una cameriera – di cui molti uomini continuano a macchiarsi: lo stesso padre di Grace ricade nella categoria pur non rendendosene conto e il confronto con la figlia lo destabilizza rispetto alle sue certezze.

– Perché non me l’hai detto?
– Come avrei potuto? E se non mi avessi creduto? E se nessuno mi avesse creduto? Perché non te ne sei accorto? Sei mio padre. Dovevi proteggermi.
– Non lo sapevo!
– Avresti dovuto.
– Hai ragione. Mi dispiace, Grace. Non ho protetto la mia bambina. Come l’hai superata?
– Beh, finisci per dividerti in due persone. Quella a cui è accaduto e quella che va avanti giorno per giorno.

E sempre Martin Adler fa da catalizzatore in Bad Blood, quando il suo rifiuto di accettare una trasfusione da parte di Will espone alla luce quell’omofobia interiorizzata che anche un uomo che ufficialmente non dovrebbe averne può nascondere in sé. Non è un caso che Martin sia la controparte in due episodi così importanti: l’uomo è figlio di un’era diversa in cui non si comprendeva né si voleva comprendere l’importanza del rispetto verso le donne e verso qualunque forma di diversità in genere, cosa resa ancora più amaramente ironica, considerando che stiamo parlando di un personaggio ebreo.

Il confronto tra lui e Grace è la messa in scena della venuta del #metoo e della necessità di riconoscere che ciò che è sempre stato va cambiato perché sbagliato anche e soprattutto se destabilizza antiche certezze: poca cosa è il non ritrovarsi rispetto ai soprusi, alle molestie, alle umiliazioni e alla violenza. Specularmente, il suo non capire inizialmente la gravità del suo rifiuto nei confronti di Will pur oggettivamente volendo bene al figliastro è la dimostrazione di quanto le lotte per i diritti e per il rispetto della comunità LGBTQ+ non possono e non devono finire. Nonostante si sia stanchi. Nonostante il dolore che possano continuare a generare. Anzi, proprio a causa di quel dolore.

– Sono stanco. Perché devo essere sempre io a condurre la lotta? Cos’è, ogni volta che qualcuno dice qualcosa di anche solo vagamente omofobo devo sentirmi chiamato in causa? Ho marciato. Ho firmato assegni. Ho fatto telefonate. Ma ogni volta che pensi di poter tirare il fiato e avere la tua grande festa gay qualcuno ti dice che non vuole preparare la tua torta. Non mi sto arrendendo. Solo non voglio dover continuare a difendere ciò che sono per tutto il tempo. Voglio un giorno di vacanza.

– Immagino che la buona notizia è che tutti i vecchi scoreggioni ignoranti di questo mondo come me saranno presto morti.
– Non è buona abbastanza. Tu sei qui ora, Martin. Devi continuare a crescere. E io devo continuare a lottare. Nessuno può avere giorni di vacanza.

Con un rinnovo già in tasca e le nuove prospettive messe in piedi (Jack sposato con Estefan, Will pronto a sposarsi con McCoy, Grace partita per un viaggio con uno sconosciuto e Karen di nuovo etero e pronta a scoprirsi) attendiamo l’undicesima stagione con trepidazione.

Will & Grace ha dimostrato di saper essere fedele a se stessa pur rinnovandosi e rimanendo ancorata al mondo corrente, il tutto facendo ridere ed emozionare nel giro di 20 minuti a episodio. Non sono molte le serie, soprattutto dopo un reboot o un revival, che possono dire lo stesso.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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