Alita

La storia degli adattamenti live action di prodotto giapponesi, siano essi manga o anime, non è certo costellata di soli successi, soprattutto se il film di destinazione nasce in occidente per un pubblico non sempre avvezzo al tipo di storie e narrativa del materiale originale o, forse è più corretto dire, da parte di produttori che non sempre sono in grado di comprendere i punti di forza di tale materiale e riproporli in un nuovo formato.

Uno degli ultimi casi è ovviamente Ghost in the shell, ma si potrebbero citare diversi altri esempi di film tratti da manga o anime desiderati e mai prodotti o, se venuti alla luce, ben lontani dall’originale e quindi destinati a perire nel limbo di quello che non doveva essere prodotto.

Alita, di suo, ha poi avuto una storia produttiva lunga e travagliata. Per oltre 15 anni James Cameron aveva in qualche modo lavorato alla creazione del film, ma tutti conosciamo Cameron e tra quelli e i vari seguiti di Avatar che ormai sembra attendere solo lui, Alita era sempre passato in secondo piano, fin quando il regista si è deciso a passare il compito a Rodriguez, rimanendo come produttore e come co-creatore della sceneggiatura.

Per questo motivo e per i flop pregressi di cui facevo cenno, per lungo tempo l’hype legato al film non era montato molto, pur con trailer che stimolavano la curiosità quanto meno relativamente al comparto tecnico (e i tanti, troppi commenti relativi agli occhi di Alita).

Ora il film è fuori da due settimane e se dovessi valutare le reazioni in termini di attesa dalla sala in cui mi trovavo (Imax di un venerdì sera, con molti più posti vuoti e che occupati), mi verrebbe da affermare che il marketing non ha sfondato a sufficienza.

Ed è un peccato.

È un peccato, perché Alita è sotto tutti i punti di vista un film godibile, visivamente impressionante e non del tutto banale, che fa trascorrere poco più di due ore appassionandosi a un personaggio interamente ricostruito in CGI, emozionandosi in alcuni momenti ed entusiasmandosi in altri.

Una precisazione d’obbligo, prima di procedere, è che io non ho mai letto il manga originale. Io e i manga abbiamo un rapporto travagliato (sicuramente a causa mia) e quel particolare ramo del mio nerdismo non è mai stato molto sviluppato. Pertanto mi sono recato al cinema non con l’intenzione di confrontare il film con la sua ispirazione, bensì col desiderio di farmi raccontare una storia e vedere se ne sarei uscito soddisfatto.

Così è stato. Certo, il film ha una scrittura non sempre fluida che, per le necessità di costruire un mondo, spesso è costretta a cedere a qualche spiegazione di troppo: un difetto che si fa perdonare sia per la resa dei momenti in cui avviene che perché difficilmente succede a lunga distanza da momenti di azione pura. Non sempre il ritmo è ottimizzato: ci sono volte in cui sembra di perdersi in attese un po’ troppo lunghe e che forse avrebbero giovato per un po’ più di editing, ma non si giunge mai alla noia o all’insofferenza (tranne per la tizia che avevo seduto accanto, ma lei aveva già deciso che si sarebbe annoiata e l’aveva prontamente comunicato al suo fortunatissimo compagno).

La trama mette parecchia carne al fuoco, con linee narrative personali che si intrecciano in più punti, ma riesce comunque a non ingarbugliare troppo il tutto e a non confondere eccessivamente l’utente: non siamo, comunque, davanti a scelte narrative innovative (fatte salve forse due o tre scene) e il fatto che Cameron sia un narratore di vecchia scuola si sente pesantemente in quanto meno una scena e in alcune caratterizzazioni che cozzano un po’ con il personaggio.

Ho elencato questi difetti per primi per spiegare dove ci sono le falle più evidenti e, nonostante queste, il film riesce a divertire. I meriti principali sono indubbiamente due. Anzitutto la protagonista. Difficilmente mi è capitato di vedere un personaggio in CGI ibrida così ben realizzato e vivo. A un certo punto le viene detto che è “la persona più umana mai incontrata” e in quel momento lo spettatore non può che concordare. Merito va sicuramente all’ottima interpretazione di Rosa Salazar, che riesce a rendere in modo credibile i vari momenti di diversa fisicità del personaggio, ma che soprattutto ne trasmette le emozioni e gli stati d’animo attraverso le espressioni del viso: Alita, pur così aliena, è più viva di quanto si potesse immaginare e sospettare.

L’altro aspetto è indubbiamente quello tecnico/visivo. Già con Avatar Cameron si era divertito a mettere in pista il massimo che la tecnologia poteva concedere ai tempi e in Alita – complice anche un budget elevatissimo – si replica pesantemente: il mondo in cui si muovono i personaggi, ispirato da tante fonti tra cui Blade Runner e Metropolis, è reale, riconoscibile, diverso eppure familiare. Le scene di lotta sono un piacere per gli occhi, così come quelle legate al nuovo sport inventato per l’occasione. Alita è uno di quei film che andrebbe visto al cinema, possibilmente in Imax 3D, per godere appieno di tutto ciò che ha da offrire (detto da uno che ha visto buona parte degli ultimi film marvel in 2D).

Il cast, che sfoggia oltre a Salazar anche il sempre gradito Christoph Walts ma anche un’algida Jennifer Connelly, non sempre ottiene lo spazio necessario: la Connelly in particolare è quasi una meteora costretta in secondo piano dalle necessità narrative e dai tanti antagonisti presenti, ma il film dura due ore e passa e già così c’è dentro veramente tanto. Certo, magari una battuta o due all’infermiera della clinica potevano darla, per dire.

Alita non è un film che cambierà la cinematografia mondiale (e nessuno si aspettava che lo fosse), né un messaggero di chissà quale nuova verità. È, però, un ben film di intrattenimento e avventura, visivamente splendido, con una protagonista che si appropria violentemente della scena e momenti di azione che sono un piacere per gli occhi.

Ah, anche con un potenziale villain per i seguiti il cui interprete è stato tenuto nascosto fino all’ultimo. Già, perché è evidente che questo film rispecchi il desiderio di iniziare un franchise. Non so se il riscontro di pubblico lo renderà possibile e se il futuro colosso Disney/Fox avrà interesse a farlo.

Quel che so è che io, almeno un secondo film, lo guarderei molto volentieri.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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