The Gifted: 2×08 the dreaM

Più si prosegue in questa seconda stagione di The Gifted e maggiormente risaltano punti di forza e debolezze di una serie che, rispetto al debutto dell’anno scorso, sembra fare fatica a trovare una propria dimensione e un equilibrio tra vicende principali e secondarie.

The dreaM non fa eccezione e riesce a portare allo spettatore alcuni momenti di buona emozione inframmezzati da altri noiosi, inutili o tristemente prevedibili.

Dopo una conclusione come quella dell’episodio precedente ci saremmo legittimamente aspettati un approfondimento di ben altro calibro sulla reazione dei membri della Cerchia Interna al gesto di Rebecca: la scelta, invece, è stata di usare quell’evento quasi esclusivamente come trampolino per l’episodio incentrato su Polaris che era stato preannunciato in diverse interviste a Emma Dumont, perdendo in tal modo l’impatto emotivo di quanto avvenuto. Lo stesso mancato utilizzo di Reeva è inspiegabile: usare Esme Sage come suoi sostituti semplicemente non funziona, in particolar modo dopo il bell’approfondimento ricevuto dal personaggio e la sua espressione di raccapriccio in risposta a Rebecca.

Le uniche conseguenze mostrate allo spettatore sul fronte della Cerchia sono, invece, la scusa per allontanare Dawn (su cui torneremo a breve), un’opinabile caccia alla donna per recuperare la folle mutante e, ovviamente, Andy che la giustifica parlando sostanzialmente di un eccesso di zelo, a dimostrazione di quanto gli ormoni di un adolescente possano fare più danni di una martellata in testa.

Rimanendo sulle vicende accessorie, la sottotrama degli Strucker procede tra noia e prevedibilità: alzi la mano chi non aveva subodorato che l’apparente idilliaca struttura del Dott. Risman nascondesse in realtà qualcosa di ben più inquietante. Se l’idea funziona ed è in linea con quanto stiamo scoprendo del mondo della serie, purtroppo il modo in cui viene presentata è banale, prevedibile e privo di pathos, il che, unito al sempre minore interesse verso Reed-mano-contratta e famiglia, porta a effetti vagamente soporiferi nei blocchi loro dedicati.

Specularmente, la Rete Mutante non se la cava certo meglio: ridotta ormai a letteralmente tre individui, la sottotrama a essa riservata è ormai riassumibile in un continuo girare intorno (e in questo episodio la frase è da prendersi quasi alla lettera) mentre il resto del mondo fa ciò che gli pare quando gli pare.  Thunderbird, da leader meritevole, è ormai ridotto a una macchietta che cerca continuamente una minima vittoria per redimersi, quasi cieco a ciò che avviene a lui e intorno a lui: in the dreaM arriva al punto di cercare di trattare con Rebecca pur sapendo benissimo non solo cosa la ragazza ha fatto, ma anche di cos’è capace, con tanti saluti alla superiorità morale della Rete.

Un crollo di potenzialità e impatto rispetto alla prima stagione che risulta sempre più difficilmente perdonabile e che non si spiega se non in un’incapacità di gestire tanti personaggi e, ma questa è un’illazione di chi scrive, nella necessità di ridurre i costi che un buon numero di poteri mutanti potevano far lievitare: se ci soffermiamo a notarlo, in questo episodio quasi tutte le manifestazioni di potere si riducono a luci e movimenti delle mani.

Superate queste lunghe osservazioni, se l’episodio è ancora in grado di suscitare interesse lo si deve prettamente alla trama di Lorna e Marcos che, sebbene ben lungi dall’essere perfetta, dimostra che gli autori sono ancora in grado di approfondire i personaggi, se lo desiderano.

La presenza di Dawn è ormai da diversi episodi un peso narrativo che impedisce al personaggio di Polaris di dare il meglio, relegato spesso più al ruolo di mamma-chioccia bipolare che a quello di ex-leader della Rete e attuale punto di forza della Cerchia. Di necessità virtù, quindi, le azioni di Rebecca portano alla decisione di allontanare la bambina perché sia protetta da possibili ricadute delle azioni della madre. Ciò che funziona in questa linea narrativa è soprattutto la dinamica personale con Marcos che mostra perfettamente il dolore e l’impotenza dell’uomo rispetto alle più che opinabili scelte della (ex?) compagna.

Tu e Reeva e tutti i tuoi nuovi amici… voi avete dato fuoco al mondo e ora sei preoccupata che tua figlia si scotti.

È ben resa e tangibile la frustrazione di Eclipse, che cerca ogni modo per convincere Lorna a dare a lui la bambina e che, pur non sortendo l’effetto desiderato, fa comunque sì che invece di mandarla in Svizzera finisca per consegnarla alla donna che l’aveva allevata su incarico, scopriamo, dello stesso Magneto (il cui nome sembra essere più impronunciabile di quello di Voldemort).

Un parallelismo tanto evidente quanto forzato, che porta Lorna a comprendere meglio le scelte del padre biologico e ad accettarne l’eredità, con tanto di creazione del cerchio/fermacapelli che rappresenta un elemento iconico del costume della corrispondente cartacea.

Un’obiezione legittima è che la scelta di lasciare Dawn stoni pesantemente con la sua volontà di proteggerla a tutti i costi, che ha portato Lorna a inimicarsi amici e amore: se vogliamo, però, questa stessa volontà, unita al desiderio di proseguire la lotta e al suo disturbo che, non va dimenticato, non l’aiuta a pensare sempre chiaramente, può essere effettivamente la spinta per una scelta che non è facile condividere, che può far storcere il naso e sembrare comunque affrettata, ma che non è del tutto illogica data la situazione e il personaggio.

Siamo quindi giunti a metà stagione e The Gifted sta galleggiando senza riuscire a navigare a tutta forza: perso l’effetto novità sono troppe le trame di scarso o nullo interesse e i personaggi che si stanno dimostrando inutili, irritanti o – al contrario – sottoutilizzati.

La speranza è in un crescendo nella seconda parte, che dovrà essere veramente ben orchestrato per far perdonare le tante lacune di quanto visto finora.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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