Doctor Who: 11×05 The Tsuranga Conundrum

Il giro di boa dell’undicesima stagione del Dottore giunge con un titolo che sembra rubato a The Big Bang Theory e un episodio che richiama fortemente il sapore di alcune storie classiche, sia della serie che della fantascienza in genere.

Preso singolarmente, The Tsuranga Conundrum è poco più di un episodio riempitivo che aggiunge al bouquet delle ambientazioni della stagione la classica situazione della nave in viaggio nello spazio con un nemico proveniente dall’esterno: la necessità di bloccare i personaggi all’interno del setting viene gestita nei primi dieci minuti, in cui il Team Tardis finisce vittima di una non meglio precisata mina sonica che li mette fuori combattimento il tempo necessario perché vengano raccolti da una provvidenziale nave medica e portati a distanza tale da impedire l’utilizzo del Tardis per l’intera durata della puntata. Un effetto collaterale di tale costruzione è che inizialmente si possa dubitare della realtà delle vicende, sospettando invece un’ambientazione onirica.

Se i primissimi minuti, che si svolgono su un pianeta-discarica, sono utili per mostrare come il rapporto tra DottoreCompanion si stia stabilizzando, la parte iniziale ambientata sulla nave che dà il titolo all’episodio sembra  dilungarsi eccessivamente sulle reazioni di Tredici e sul suo volere a tutti i costi cambiare il percorso della nave, anche a scapito dei pazienti presenti. Un comportamento fuori dal personaggio che viene fortunatamente giustificato dal trauma subito, ma che si somma al focus eccessivo dato ad Astos in termini di sbilanciamento della trama principale.

La sensazione generale è infatti quella di un episodio coi tempi non ben calibrati, in cui l’attesa della minaccia, la sua rivelazione, lo svolgimento e la conclusione finiscono per essere sbilanciati e non del tutto soddisfacenti. Non aiuta, da questo punto di vista, la presenza di tanti personaggi in un ambiente così ridotto: se in un episodio di 45 minuti ci sono dieci character di importanza più o meno simile e un terzo del minutaggio è incentrato soprattutto su quello che morirà per primo, per forza di cose ai rimanenti rimangono le briciole, espresse in ridotto screen-time, poca azione personale o momenti non del tutto giustificati come tempistiche.

Si prenda, ad esempio, il dialogo tra Yas e Ryan, di innegabile importanza per l’ulteriore approfondimento del background del ragazzo, ma che avviene mentre l’intero cast rischia di morire nel giro di pochi minuti: avrebbe funzionato se si fosse trattata di una qualche forma di condivisione in vista di una potenziale morte, ma nei termini in cui è stato gestito si ha l’impressione di un momento giusto piazzato nel tempo sbagliato.

Che la volontà di Chibnall, autore anche di questo episodio, sia quella di approfondire le dinamiche familiari di Ryan è più che mai evidente: l’ormai proverbiale (assenza di) delicatezza con cui lo showrunner trasmette i propri messaggi di episodio in episodio fa sì che venga messa in scena una storyline secondaria volta unicamente a far riflettere il giovane sul ruolo di genitore e sulla possibilità di non sentirsi adeguatamente all’altezza. Il metterlo, a tal scopo, in contatto con un uomo in procinto di partorire, rischiava di superare la soglia dell’ironia sfociando nel ridicolo e di ricordare troppo da vicino qualche scena tratta da Junior, ma il risultato finale è gradevole e ottiene quanto desiderato dall’autore.

Picture Shows: The Doctor (JODIE WHITTAKER), Graham (BRADLEY WALSH), Ryan (TOSIN COLE), Yaz (MANDIP GILL), Mabil (LOIS CHIMIMBA)

C’è da dire che non sempre il personaggio di Ryan guadagna dall’approfondimento concessogli: il suo continuare a rifiutare alcuni gesti di complicità cercati da Graham, nonostante l’evoluzione del loro rapporto, fa desiderare di dargli uno scapaccione  storcere il naso e porta a desiderare una sua maturazione in tempi brevi. Dobbiamo comunque continuare a sottolineare quanto gradiremmo una maggior capacità di sottigliezza e di sfumature nell’imbastitura delle trame dei singoli episodi, aspetto su cui Chibnall sembra mostrare il fianco, difficile a dirsi se per scelta stilistica o per limiti personali.

Poco da dire, invece, su Yas e Graham, ridotti a poco più che comprimari delle due storyline.

L’antagonista dell’episodio è una nuova creatura, uno Pting, che viene descritto come letale e inarrestabile e che divora con voracità qualunque forma energetica presente su una nave spaziale. Presentato nella più classica tradizione fantascientifica, lo Pting può risultare esteticamente deludente per molti, simile com’è a un incrocio tra un Adipose, uno Slitheen e un gatto molto ma molto incavolato, ma è una scelta che invece non dispiace a chi scrive, volta a ricordare – come spesso in Doctor Who – che spesso le apparenze ingannano: purtroppo la ferocia e pericolosità del mostro della settimana sono riscontrabili più nelle parole dei personaggi che nella minaccia effettivamente percepita, ma attribuiamo la colpa non tanto alla scelta dell’aspetto dello Pting quanto ai problemi nei tempi narrativi già citati in precedenza.

Da segnalare come la natura della vera spinta dello Pting, la fame di fonti energetiche, sia inusualmente comprensibile allo spettatore prima che al Dottore: la scena del Sonic Screwdriver è fin troppo chiara in tal senso e sconcerta che il Dottore impieghi tanto a rendersi conto della verità. Si può, ovviamente, dare la colpa al frastornamento dovuto alla mina, ma rimane una nota discordante che preferiamo sottolineare.

– Tu sei un medico, io sono il Dottore
– Dottore in medicina?
– Beh, medicina, scienza, ingegneria, zucchero filato, Lego, filosofia, musica, problemi, gente, speranza. Soprattutto speranza.

Concentrandoci prettamente sul protagonista, ci troviamo di fronte all’episodio in cui le caratteristiche salienti dell’interpretazione di Jodie Whittaker sono meno sfruttate: il frastornamento iniziale del personaggio lo rende meno pungente e con dialoghi meno ritmati, pur mantenendone spirito e sensibilità, un aspetto – quest’ultimo – che continua a essere tratto saliente della nuova incarnazione, insieme alla sua passione per la tecnologia e per la creatività umana e aliena. L’ammirazione che prova davanti al motore ad antimateria, pur forse eccessiva dato il momento nella trama, è perfetta nel definire questo suo tratto della personalità, così come il momento di saluto finale a Eve Cicero ribadisce la sua maggior empatia rispetto alla precedente incarnazione.

Nell’insieme, quindi, ci troviamo davanti a un episodio per lo più di transizione, con una trama verticale buona ma non eccellente e uno sviluppo che evidenzia alcune delle criticità nella scrittura di Chibnall. Ciò non toglie che si tratti di quarantacinque minuti di buon divertimento, con un nuovo mostro da aggiungere alla collezione e qualche momento sinceramente toccante.

Superata la metà della stagione possiamo al momento dirci molto soddisfatti: il nuovo Dottore supera le pur alte aspettative e la scrittura, pur coi difetti già più volte citati, è quasi sempre all’altezza. La speranza è che nella seconda parte, pur mantenendo la preannunciata formula di episodi autoconclusivi, si riesca a fornire una maggiore organicità complessiva che vada a incastonare i singoli episodi in una sorta di grossa trama diluita, poco intuibile eppur presente.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Consenso ai cookie GDPR con Real Cookie Banner