Nervoso. E stanco.

La giornata si è conclusa col nervoso. Dove sarebbe la novità, potrebbe chiedersi qualcuno: la novità sta nel fatto che non so perché.
Mi girano, ho l’istinto di urlare, il magone dal nervoso, ma non riesco a identificare un motivo.

Non riesco.

Non c’è, formalmente, un motivo. Non oggi, almeno.

Ce ne potrebbero essere mille in accumulo, quello sì, forse, ma non so, di solito in qualche modo identifico, stavolta no.

So che sono nervoso. So che sono stanco. Come se l’aria fosse avvelenata da qualcosa di costante e sottile.

Che poi, guardiamoci intorno, di veleno ce n’è parecchio tutto attorno a noi ed è tutto fuorché sottile. E cazzo quanto mi fa paura. Ed è stancante avere costante paura di cosa sarà il mondo domani,

Stanco. Stanco di dover pensare con sei mesi di anticipo a ciò che potrebbe succedere col lavoro, stanco di dover pensare a ogni possibilità perché dopo più di un anno qualcuno non si è degnato di sciogliere la riserva. Stanco anche del mio lavoro, sì. Che ogni tanto mi dà soddisfazione, ma se domani mi dicessero “da oggi non lo farai mai più e vivrai solo scrivendo” potrei dirmi felice ma, nel contempo, so quanto fortunato sono ad averlo e quanto debba tenermelo stretto.

Stanco di cercare stimoli esterni per sentirmi pieno e appagato, che quelli passano e la sensazione dura poco. Troppo poco.

Stanco di tenermi intorno persone che, alla fin fine, non valgono le mie energie, che tutti sono bravi quando fai sì con la testa, ma quando punti i piedi diventi una merda. E va bene così. Meglio merda che continuare a perdere tempo. E se la pulizia mi lascerà con meno di una manciata, sarà quello che merito. In bene e in male.

Stanco di chi cerca solo quando ha bisogno. Di chi chiede per pro-forma, ma non ascolta mezza parola. Sempre meno, di questi, per fortuna. Quasi nessuno. Ma la loro stessa esistenza mi stanca.

Stanco di non sentire entusiasmo. L’euforia. I picchi. Dove sono? I motivi ci sono stati e ci sarebbero, ma loro dove sono?

Stanco di ciò che mi manca. Stanco del vuoto, stanco del dolore che sta zitto mesi e poi, una sera, ti dà una botta perché è importante che non ti scordi.

Stanco di ricordare, uno dei bagagli più pesanti e ingiusti eppure l’unico che sono sempre stato fiero di avere. Ma pesa. Pesa.

Stanco di dover rubare tempo a qualcosa per farne un’altra e di sentire sempre che non ce n’è abbastanza.

Stanco di dover decidere tra il guadagnare e il riposare.

Stanco di odio, stupidità, incompetenza, ignoranza.

Stanco, soprattutto, di essere stanco, perché finisci per scordare il bello che hai ed è una cosa imperdonabile, sempre e comunque.

E non ho idea se questo post abbia senso o meno, so che a volte serve anche solo sputare fuori un po’ di veleno.

Almeno un po’.

E boh, domani probabilmente mi passerà. Forse. Ma stasera, intanto, va così.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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