Una linea col passato

Stasera sono riuscito a essere presente alla conferenza di apertura di una piccola mostra dedicata alla Linea di Osvaldo Cavandoli all’interno dei Brera Design Days in occasione, tra l’altro, della prossima iscrizione dell’autore milanese nel Famedio del Cimitero Monumentale.

Per chi come me da bambino rimaneva ammirato a guardare quello strano omino che smadonnava (letteralmente) sullo schermo, questa celebrazione è più che dovuta e quando, in conferenza, ti trovi davanti persone come Bruno Bozzetto, Maurizio Nichetti e Fusaro Yusaki, non puoi che ritenerti fortunato e passare un’ora e mezza in ammirato silenzio.

Prima della conferenza vera e proprio è stato trasmesso un documentario su Cavandoli, sul suo lavoro, sulla nascita della Linea, documentario che necessariamente ha mostrato spezzoni del disegno animato, con un unico risultato: risate.

Risate spontanee, vive, pulite, dal sapore di una volta.

E quello che colpisce è proprio che, nonostante l’età e la semplicità apparente di un cartone come questo, la sua capacità di divertire non si esaurisce e si trasmette a chi la guarda oggi esattamente come a chi la guardava venti, trenta, quarant’anni fa, incluso quel bambino che si faceva venire gli occhi storti seduto per terra su una moquette verde scura.

E, di nuovo, vedere personaggio come quelli citati salire su quel palco fa riflettere.

Perché Bozzetto, enorme, lo conoscono gli appassionati.
Nichetti, ormai, idem.
Fusaro Yusaki, lo ammetto, era sconosciuta di nome anche a me, finché non hanno detto che lei era dietro gli spot di plastilina che secoli fa pubblicizzavano, ad esempio, il Fernet Branca: spot che hanno trasmesso brevemente e che mi hanno trasmesso un brivido d’emozione al ricordo. Difficile spiegare la sensazione, ma l’idea che davanti a me ci fosse la persona che con le sue mani ha creato ognuno di quei fotogrammi tridimensionali mi ha colpito più di quanto avrei pensato.

E quindi così ci si trova seduti in un pubblico ad ascoltare Bozzetto che racconta di quanto un radiatore di una cinquecento sporco il vestito di Cavandoli prima di una premiazione e di come lui scrollò le spalle e ci andò comunque.

O Yusaki che racconta, in un italiano stentato ma adorabile, di Cavandoli che amava mangiare giapponese, ma non sapendo usare le bacchette, se ne era costruito un paio a molla.

O Nichetti che spiega come, non avendo speranze di farsi assumere decenni fa da Bozzetto come attore, finì per riciclarsi come sceneggiatore.

E sullo schermo passano vecchi disegni animati,vecchi spot (più vecchi anche di me) e se ne intuisce sì l’ingenuità, ma anche una dose di talento, di inventiva, di leggerezza che sempre più raramente si incontrano oggi.

Sia chiaro, io non sono un nostalgico: per molti aspetti non tornerei mai indietro (sebbene il presente e il futuro mi spaventino non poco), però c’è qualcosa nell’ammirare il lavoro di certi artisti che mi fa pensare che stiamo perdendo. Mi capita di rifletterci guardando spezzoni della tv di una volta, mi è capitato di pensarci stasera davanti a tre talenti eppure tanto sconosciuti a molti.

Qualcosa la stiamo perdendo, non c’è dubbio. Spero sempre che venga sostituita da qualcosa di altrettanto importante e bello, ma a volte, in certi momenti, faccio più fatica a crederci.

Cosa celebri oggi?
La fortuna di essere cresciuto con certe immagini, certe risate, certe ingenuità.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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