IT (e lasciate stare il pagliaccio)

Non mi ero mai davvero avvicinato a IT. Sì, sapevo che se ne parlava benissimo, avevo deciso di leggerlo prima o poi, ma alla fine era sempre poi, di quei poi che non è detto diventino ora. Non mi ero avvicinato perché il genere cui credevo appartenesse non è mai stato tra i miei favoriti: gli horror (questo credevo) mi hanno sempre lasciato piuttosto indifferente; sì, ho amato romanzi appartenenti al genere, ho adorato il Dracula di Stoker, ho sempre avuto una passione per i Lupi Mannari, ma la verità è che il genere in sé non mi diceva granché.
E IT, per me, era il romanzo horror col pagliaccio o poco più. Tutti dicevano che fosse un capolavoro, ma non mi decidevo a capire che non era riferito nell’ambito del genere, bensì nell’ambito della letteratura, quanto meno moderna

E se vogliamo, questo è il grande difetto di IT, un difetto che non c’entra niente col libro, ma con la sua fama: si tratta del romanzo meno conosciuto tra i romanzi famosi. So che sembra una contraddizione in termini, ma non saprei dirlo diversamente.

Chiedete a chiunque non l’abbia letto e, come avrei fatto io, vi citerà il pagliaccio, forse i ragazzini e poco altro: tutte immagini tratte con tutta probabilità dal vecchio film tv e che non è che non ci siano nel romanzo, ma sono davvero una parte minima (o meglio, i ragazzini sono fondamentali, ma il pagliaccio davvero no, in fin dei conti).

Fatta questa lunghissima premessa, ribadiamolo: IT non è un romanzo horror; no, non mi sono rincoglionito e non sto cercando di giustificare (a chi, poi?) il fatto che mi sia piaciuto, semplicemente non è un horror se per horror ci riferiamo a un romanzo che nasce quasi solo con lo scopo di terrorizzare e inquietare il lettore. Non è questo che IT si propone di fare, neanche alla larga.

Ci sono scene spaventose? Sì. Ci sono immagini terrificanti? Assolutamente sì. Sono gratuite? Per niente. Sono sempre, completamente funzionali alla storia.

E questo è ciò che conta: la storia.

IT è una storia. Una storia lunghissima, una storia complessa, una storia che difficilmente non si può sentire sotto la propria pelle. Una storia di crescita, di amicizia, di legami, di perdite, di memoria, di coraggio, d’amore, di sacrificio, di speranza, di futuro.

IT narra, portando all’eccesso, ciò che tutti abbiamo vissuto: la difficoltà dell’infanzia e dell’adolescenza, il ritrovarsi adulti senza sapere esattamente in che modo lo siamo diventati, il confronto tra il presente e il passato, la necessità di chiudere i conti di ciò che è stato per aprire le porte a ciò che verrà, il sapere rinunciare a qualcosa di bello, anche di meraviglioso, quando è giunto il suo momento.

Il tutto in un romanzo estremamente coraggioso e, di nuovo, non per i motivi che potreste pensare. IT è coraggioso perché si prende il suo tempo, perché vuole raccontare tutto e farlo nel modo giusto, come una scultura che esce dal marmo prima nella sua forma più grezza, poi più rifinita, poi coi suoi dettagli più importanti, fino a diventare il David di Michelangelo. IT non cerca scorciatoie: racconta, racconta coi suoi tempi e sta a noi sederci comodi e ascoltare, arrabbiandoci nei momenti più frustranti, tremando in quelli più spaventosi, trattenendo il fiato in quelli più delicati, commuovendoci in quelli più intimi.

IT non è la storia di un pagliaccio assassino (e il pagliaccio, davvero, compare molto meno di quello che credete, anche perché IT è molto di più di quel pagliaccio): IT è la storia di Billy, Ben, Beverly, Richie, Eddie, Stan e Mike; sette perdenti. Sette amici che da soli non erano nulla e insieme sono stati tutto. Sette eroi, nel senso più vero della parola, che sono stati capaci di vincere, perdere, lottare, combattere. E in tutto questo crescere. Soprattutto crescere. Perché vincere, perdere, lottare, combattere sono tutti parti integranti della crescita. Che ce lo si ricordi o meno, perché rimane in noi, è parte di noi.

Ecco cos’è IT. È la storia di sette ragazzini, ma potrebbe essere anche la nostra. Senza mostri e omicidi, certo, ma si tratta di un dettaglio. Ed è per questo che rimane dentro. Perché ad ogni età lo si legga, ci si troverà lì dentro e si annuirà e si proveranno dolori e gioie affini. In momenti diversi, sì, ma comunque affini. Perché, lo ripeto, quel libro di noi.

Altro che pagliacci.

Trovati un po’ di rock and roll alla radio e vai verso tutta la vita che c’è con tutto il coraggio che riesci a trovare e tutta la fiducia che riesci ad alimentare. Sii valoroso, sii coraggioso, resisti.

Cosa celebri oggi?
L’aver finito, lentamente per mia sola colpa, un romanzo tanto bello e importante. E, soprattutto, l’averlo finalmente letto.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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Una risposta

  1. (Marti) ha detto:

    È sempre stato uno dei miei libri preferiti, l’ho letto 3 volte. Spero che quest’ultimo film gli faccia… https://t.co/Ic7e3ACcnI

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