Il massimo
Venerdì sera, 21.10. Sul divano con una lattina di coca zero in mano. Ho finito di lavorare poco più di un’ora fa perché, beh, perché serviva e purtroppo non sempre si può evitare.
Sono stanco, molto. Non tanto per oggi: ci può stare di fare un’ora o due in più, non è la prima volta, non sarà l’ultima.
Sono stanco in accumulo e, quanto di peggio, sento chiaramente la tensione accumularsi.
L’ho sentita ieri, quando ero alla fiera del libro e una decina e passa (!) di notifiche legate al lavoro giunte durante la mattinata hanno finito per farmi irritare al punto da rischiare di non godermi una giornata che mi ero appositamente preso per me: che poi i clienti sembrino aumentare il numero di mail che mandano esattamente quando io non posso dar loro sufficiente retta, questo sarà fonte di futuro studio approfondito.
Ma, comunque, sto riuscendo a staccare meno e me ne accorgo. Mi alzo più stanco. L’umore è meno positivo. Sono più alla ricerca di stimoli esterni per migliorarlo, il che però mi rende molto più a rischio di altalene emotive.
Stimoli. Una parola che su questo blog penso si sia ripetuta decine di volte. Ma quando il cervello è in carenza d’ossigeno, quella è l’unica parola che viene in mente. Viaggi. Luoghi. Momenti. Persone. Parole. Ingredienti semplici e necessari.
E poi, inutile negarlo, c’è martedì. Martedì è la data che dovrebbe segnare la parola fine definitiva alla merda del 2016 (anche se l’imprimatur arriverà sicuramente dopo qualche giorno). Non so ancora come sarà “rifinita” quella parola fine e questa variabile, per quanto assolutamente non paragonabile col vissuto trascorso, rende quel giorno come un’incognita che non favorisce l’umore.
Venerdì sera, un post di lamentele fini a se stesse e un’emicrania da stanchezza che sta sbucando.
Finisco la coca e mi guardo una serie tv, che stasera è il massimo a disposizione.