Ristampa N. 5: Eternamente Umani

Inutile negarlo, questo è un racconto a cui sono particolarmente legato. Fu il primo a distaccarsi non solo dai temi personali e romantici degli ultimi due, ma a guardare, come ispirazione, a ciò che Gaiman ha saputo creare. Mi sono indegnamente appropriato delle sue creazioni per aggiungere qualcosa di mio. Una favola, una metafora, una speranza, valutate voi.
Per una volta devo anche riportare la premessa che avevo scritto ai tempi, perché aiuta a conoscere meglio i personaggi che entrano in gioco.

Esistono sette entità  che non sono Dei, che sono esistiti prima che l’umanità  abbia mai sognato gli dei e che esisteranno dopo la morte dell’ultimo Dio. Essi sono chiamati gli Eterni, gli Endless e rappresentano l’essenza di altrettanti aspetti della vita umana: Destino, Morte, Sogno, Distruzione, Desiderio, Disperazione e Delirio.”
Rimane da sapere, ai fini del racconto, che Desiderio e Disperazione sono gemelli, che Delirio una volta era Delizia, che Morte è rappresentata come una ragazza giovane, dolce, ironica ed affascinante e che Distruzione ha da un po’ deciso di lasciare il suo Regno.

Ecco fatto. Buona lettura.

ETERNAMENTE UMANI

C’era una volta un uomo, un uomo che desiderava. 
Nella sua vita non conobbe altro che Desiderio. 
Desiderio lo svegliava al mattino, Desiderio lo accompagnava durante il giorno, Desiderio sussurrava nel suo orecchio prima di addormentarsi. 
Era Desiderio, non Sogno, a cullarlo la notte, ma un Desiderio senza sogni diventa fame inappagabile. 
Era Desiderio, non Destino, il suo pensiero costante, ma un desiderio non indirizzato verso un destino può solo consumare chi lo vive. 
Alla fine giunse Morte e lui, prevedibilmente, fece l’unica cosa che sapeva fare: la desiderò. 

C’era una volta un ragazzo. 
Crebbe sognando Delizia. 
La cercò, la chiamò, la inseguì per tutto il mondo, una ricerca incessante. 
“Possibile non trovi Delizia?”, si diceva, e la cercò in luoghi di piacere più o meno elevati senza trovarla; incontrò Desiderio, incontrò Disperazione, ma non seppero (o vollero) dirgli dove si trovasse. 
“Possibile non ci sia un modo a questo mondo per riuscire quanto meno a sfiorarla?”. 
E la cercò in lontani monasteri, la cercò dentro e fuori di sé, ma riuscì solo ad incontrare Sogno e sfiorare Destino: Sogno gli consigliò di smettere di cercare, ma non gli spiegò perché; Destino sapeva, ma lo fissò coi suoi occhi ciechi senza parlare. 
Poi un giorno la trovò in un angolo di strada, nascosta, tremante: non era ciò che pensava, perché Delizia tanto tempo prima era diventata Delirio. 
E fu Delirio ad accoglierlo. 
Fu Delirio ad avvolgerlo. 
Fu Delirio a non lasciarlo più. 
E quando Morte giunse a portarlo via, per un istante, attraverso Delirio, la scambiò per Sogno. 

C’era una ragazza a cui apparentemente non mancava nulla. 
Era cresciuta avendo sempre tutto, viziata e coccolata da genitori pronti a ogni sacrificio per lei, che non le permisero, così, di imparare a desiderare; non aveva mai desiderato, non ne aveva mai avuto bisogno. 
Perciò la ragazza decise di cercare Desiderio, per capire come fosse, per scoprire perché tanti lo inseguissero: ma non avendo mai desiderato sbagliò strada e trovo la gemella di Desiderio, Disperazione. 
E Disperazione trovò lei. 
La giovane non lo sapeva, ma Disperazione non avrebbe potuto tenerla con sé se lei non l’avesse permesso: si convinse invece che la ricerca di Desiderio portasse sempre a Disperazione e decise così che tanto valeva rimanere con lei, struggendosi, soffrendo, scordando il sapore della gioia e dimenticando il calore dell’amore che aveva sempre avuto. 
E quando Morte giunse poté solo disperarsi. 

C’era un uomo che crebbe troppo in fretta. 
Incontrò Disperazione all’età  in cui altri si cullano con Sogno e Desiderio e scoprì che Disperazione aveva seguito suo fratello Distruzione. 
Distruzione era forte, Distruzione era invincibile, Distruzione, ai suoi occhi, faceva quel che voleva. 
E mentre, ironicamente, Distruzione decise di non essere più, lui si modellò a sua immagine. 
Distruzione non era più, ma divenne il suo obiettivo. 
Distruzione non era più, ma divenne il suo scopo di vita. 
Distruzione non era più, ma divenne il suo unico pensiero. 
Non varcò mai il regno del Sogno, perché per lui Sogno era una favola per bambini. 
Non scoprì mai la fame di Desiderio, perché i suoi appetiti erano solo di Distruzione. 
Non si fece più toccare da Disperazione, perché quando lei arrivava lui se n’era già andato. 
Qualcuno pensava andasse a braccetto con Delirio e lui lasciava che lo pensassero: gli bastava essere certo della propria lucidità. 
Poi arrivò Morte e lui, finalmente, capì: appena le sue esili mani lo sfiorarono comprese che non ci sarebbe stato più niente da distruggere, ma senza Distruzione lui non era più nulla. 
Pianse per la prima ed ultima volta. 

C’era una donna che pensava solo a Destino. 
Le avevano raccontato da piccola che tutti hanno un destino già scritto e tale pensiero l’aveva colpita al punto da diventare un’ossessione. 
Lentamente smise di fare scelte: d’altronde, si ripeteva, se un certo avvenimento fosse stato nel suo destino le sarebbe comunque capitato. 
Vedeva chi la circondava progettare e sognare: rideva di loro, dei loro tentativi e delle loro cadute; si chiedeva come facessero a non capire che bastava lasciar fare a Destino. 
Gli anni passavano e lei continuava ad attendere: intorno aveva amici che crescevano e costruivano, altri che ci provavano e cadevano; ogni tanto qualcuno le chiedeva cosa stesse aspettando, perché non facesse nulla se non attendere e la risposta era sempre uguale, monotona, quasi scocciata: “sto aspettando che il mio destino arrivi, cos’altro? Perché rischiare delusioni quando il mio destino è già pronto ad aspettarmi?”. 
E visse così, aspettando, sopravvivendo, continuando a guardare gli altri con la stessa supponenza alimentata ulteriormente dalla convinzione che se il suo destino tardava tanto a giungere doveva essere realmente enorme e meraviglioso. 
Ma poi giunse Morte e lei si ribellò. 
“Voglio il mio destino” diceva. 
“Ho aspettato tutta la vita il mio destino” urlava. 
“Non è giusto! Dov’è il mio destino?” strepitava. 
“Dietro di te, piccola mia, il tuo destino era il modo in cui hai scelto di arrivare da me” fu la triste risposta di Morte, amareggiata non tanto per l’attesa delusa della donna, quanto per come il fratello Destino potesse essere così frainteso. 

C’era un ragazzo che viveva di sogni. 
Il mondo per lui era un luogo troppo grigio e triste, così cominciò a rifugiarsi sempre più spesso a casa di Morfeo. 
Che senso aveva seguire Desiderio, quando da Sogno poteva raggiungere qualunque cosa potesse immaginare? 
Perché lasciarsi spaventare da Disperazione, che nel regno di Sogno non poteva arrivare? 
Perché rischiare Delirio, quando nei sogni poteva incontrare ciò che era Delizia? 
Neanche Morfeo in persona poteva far nulla per distoglierlo dal suo sognare: anche il signore dei Sogni non può impedire a un umano di sognare. 
Il sogno divenne il suo vero mondo e la realtà  divenne la distrazione. 
I sogni erano la sua nuova casa: non aveva importanza che fossero idilliaci o terribili incubi, per lui erano sempre l’occasione di sentirsi vivo, più di quanto potesse fare in quello spazio ridotto che era ormai la sua veglia. 
Ma il sogno senza veglia finì per consumare il sognatore e così Morte, sorella maggiore di Sogno, andò a prenderlo nel regno dell’amato fratello: lo trovò nel mezzo di una meravigliosa avventura e, quando lui la vide e capì chi era, se ne andò col sorriso sulle labbra convinto di aver vissuto e combattuto da eroe, di aver lasciato un segno indelebile in quel meraviglioso mondo che aveva scoperto; non sapeva che, essendo diventato un sogno lui stesso, come tale sarebbe stato dimenticato all’indomani. 
Solo Morfeo ogni tanto si ricorda ancora di lui ed il suo sguardo si vela brevemente di tristezza prima di rivolgersi velocemente altrove. 

C’era una volta un uomo, un uomo speciale. 
Fin da piccolo conobbe Desiderio, ma imparò a farsi influenzare senza mai farsi travolgere. 
Scoprì che dove c’è Desiderio sua sorella Disperazione non può essere lontana, ma si rese conto che era sufficiente guardare di nuovo Desiderio per far sì che la gemella si allontanasse. 
Crebbe e gli sembrò di incontrare Delizia: tentò di farla sua, ma quando riconobbe in lei Delirio si appoggiò a Desiderio e Sogno per non perdersi nella follia di quegli occhi bicolori. 
Conobbe anche Distruzione, comprendendo che per costruire spesso bisogna prima distruggere. 
E, cosa più importante, imparò a viaggiare nel mondo di Morfeo portando con sé preziosi ricordi di quel mondo, ricordi che gli permisero di costruire i propri giorni arricchendoli della materia del Sogno e trasformando molti desideri in realtà . 
Così, anno dopo anno, quell’uomo conobbe ogni Eterno, ricevendo da tutti un dono diverso ed evitando di perdersi dietro uno qualsiasi di essi. 
Alla fine dei suoi giorni, quando Morte arrivò da lui lo trovò sorridente: la secondogenita degli Eterni, con quel viso da ragazzina, gli chiese compiaciuta il perché di quel sorriso. 
“Pensavo di aver conosciuto solo cinque dei tuoi fratelli, ma ora che tu sei qui mi rendo conto di aver avuto sempre a che fare anche col sesto. Mi guardo indietro, vedo la mia vita e con lei il destino che mi sono costruito. E’ stata una vita piena e posso andarmene felice. Ringrazia i tuoi fratelli per me” 
E così Morte lo prese per mano, lo baciò su una guancia e sorridendo si allontanarono.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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