Smettila!
Sono stanco, un raffreddore piuttosto banale ma altrettanto rompiscatole sta dimostrandomi quanto poco ormai abbia il fisico, ma stasera volevo fermare nero su bianco un piccolo momento speciale di sabato pomeriggio.
In autobus, a Bologna, diretti verso il centro (poi magari un giorno vi dirò quanto in una frase come questa sia incluso il rischio di rompersi parecchie ossa, ma non stasera).
Ci sediamo dietro una donna araba seduta accanto a una bambina che immaginiamo essere sua figlia.
La bambina è argento vivo, ride, parla con l’adulta, guarda il mondo.
A un certo punto si mette in ginocchio e inizia a rivolgersi a Miss Sauron, che le dà subito corda.
Ridono, si fanno le linguacce, lei decide che anch’io sono degno di attenzione e si mette a fare nascondino con me.
Ci parla un po’ in arabo e un po’ in italiano, con quella che scopriamo essere la zia che le dice che no, a noi deve parlare in italiano.
E lei ci prova, ridendo sempre, ogni tanto non sapendo delle parole e facendosele dire da Miss Sauron.
Ha due anni e mezzo, ci dice la zia.
Due anni e mezzo e pestifera come una delle simpatiche canaglie e adorabile quanto un gattino appena arrivato a casa.
Si mette a far finta di telefonare con la tessera dell’autobus della zia.
Poi la passa a Miss Sauron per farla parlare.
Poi si mette a comporre numeri a raffica ogni volta che il telefono non risponde.
E ride, ride tantissimo.
Si avvicina la nostra fermata, loro scenderanno a quella dopo.
Mi alzo.
Lei mi guarda e praticamente urla “smettila!”.
Smettila, perché ha capito che stiamo scendendo e non vuole.
Smettila perché vuol continuare a giocare con noi.
Smettila, e fa cenno col dito di stare seduto.
Le sorridiamo, la salutiamo, lei piange perché non “abbiamo smesso”.
E niente, cosa dicevo l’altro giorno di ricordare le cose belle?